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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 17/2/2010 ● Click 3409

"Esperienze di vita di scuola", Ferdinando Gizzi, cap. 9


Ferdinando Gizzi © FUORI PORTA WEB

(A cura di Antonio Gizzi) Caro Luigi, sperando di fare una cosa utile e gradita a te e ai molti che l'hanno chiesta, ti invio la conclusione del racconto "Esperienze di vita di scuola. Diario di un direttore didattico". Quando si divulgano i pensieri e i sentimenti soprattutto se appartengono a persone care che non sono più fra noi, si ha sempre un certo pudore e timore. Ma queste sensazioni sono subito scomparse grazie alla stima e all'affetto arrivati da più svariate parti. Sperando di aver dato un sia pur piccolo contributo alla crescita del tuo interessante blog (si chiama così?) ti saluto caramente, ringrazio te per lo spazio accordato allo scritto e tutti coloro che hanno manifestato il loro interesse e affetto.
In ultimo so di fare cosa gradita, o forse ancora più gradita, allegando qualche foto dell'epoca. Tu saprai utilizzarle al meglio.
Antonio Gizzi.

Carissimo Antonio, intendo ringraziarti non solo personalmente, certo di condividere un sentimento sincero con i lettori di Fuoriportaweb. Quando si aprono cassetti così cari c'è sempre un certo pudore e timore.
Ti rivelo una mia emozione. In fondo quel diario lo sentivamo già un po' nostro ancora prima di leggerlo, pur ignorando in quale cassetto fosse stato, gelosamente, ben custodito. Certo, resta tutto tuo quel mucchio di carte nel cassetto (per te pieno di cari affetti), ma ci appartengono le esperienze di vita di scuola del Direttore Gizzi. Il tuo papà ha scritto un diario anche per noi. Cito una delle ultime frasi, "Mi accompagni a visitare qualche scolaresca": si apre una porta di legno con due grandi vetrate e mi ritrovo per un istante dentro la mia classe. Finalmente rivedo Claudio, scomparso troppo giovane. Era il mio compagno di banco. Le sue mani sono unte di frittelle, come i suoi quaderni e il suo vecchio libro con più pagine ormai perse. Ogni mattina compilavo i compiti anche per lui, in cambio di una mezza frittella che ci dividevamo nella pausa. "In piedi! ...Buongiorno!", qualcuno di noi con il fiocco azzurro del grembiule puntualmente in disordine, mentre con il consueto sorriso "oggi ci fa visita il nostro Direttore".
Luigi Sorella.

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Ferdinando Gizzi
Esperienze di vita di scuola
(diario di un direttore didattico)

Parte IX
 

LA FUNZIONE AMMINISTRATIVA E DIDATTICA
1) IL SALUTO

Ho assunto servizio ieri 1 Aprile 1970, su nomina del Ministero della P.I., dopo il felice esito del concorso direttivo per n. 300 posti.
Ho subito incontrato i miei colleghi di ieri. A loro, alle autorità locali invio il mio più cordiale saluto:
Nel momento in cui sto per assumere l’alto e gravoso incarico di direttore didattico di Guglionesi, sento il piacere ed il dovere di inviare alle Autorità tutte, ai signori Insegnanti, al personale non insegnante del Circolo il mio più cordiale e deferente saluto.
Non ignoro i problemi, le difficoltà e le insufficienze da superare, so delle estenuanti pratiche le dure ed epiche lotte di quanti lavorano nella scuola. Non è mistero per nessuno l’impegno del Corpo docente ed il vivissimo desiderio degli scolari di apprendere.
Conto perciò sulla più fervida collaborazione di tutti affinché il Circolo di Guglionesi abbia a raggiungere luminosi traguardi.
Da parte mia farò di tutto perché la nostra scuola sia all’altezza dei tempi, sia cioè una scuola impegnata, democratica, aperta, volta a migliorare le sue strutture

Sul mio taccuino ho annotato le tre mete che vorrei conseguire nel volgere di pochi anni:
a) Debellare la vergognosa piaga dell’analfabetismo, ancora presente in questa realtà sociale;
b) promuovere una partecipazione piena e responsabile di tutto il Corpo Insegnante alla gestione della scuola;
c) attraverso un’azione di stimolo, di animazione e di guida, promuovere una aggiornata metodologia didattica e una preparazione psicologica degli insegnanti affinché sia promossa la formazione integrale degli alunni.

2) L’amico Pasquale di Biase, direttore didattico di Guglionesi, mi ha dato le consegne: ufficio, registri, carteggio, timbri vari ...
Lui ha vinto il concorso per Ispettore Scolastico ed è andato a prendere servizio alla sede della Circoscrizione di Larino, un centro distante una mezz’ora di macchina. Per la verità, la mia e la sua preparazione ai rispettivi concorsi si è sviluppata all’unisono. Spesso, dopo aver studiato, verso le ore serali ci siamo sempre incontrati per scambiarci le nostre impressioni sui più importanti problemi pedagogici, che potevano anche eventualmente essere argomenti alle prove di esame.
Siamo sempre stati due buoni amici.
Ecco perché egli ritiene di spendere un fiume di parole in informazioni, raccomandazioni nei riguardi dei maestri, dell’ufficio di segreteria, dei plessi, della popolazione, dell’andamento dell’ufficio. Ascolto le tante parole che escono dal cuore, e che, sono certo, non dimenticherò mai. Una certa preoccupazione è in me, dopo che ho potuto toccare con mano quei timbri, simboli dell’autorità costituita, e che di tanto in tanto, mentre ascolto le parole amiche, accarezzo furtivamente.

Incontro Romildo, il mio vecchio maestro, diventato prima collega ed ora mio dipendente. Mi tesse le lodi, si sente orgoglioso di essere stato un mio maestro. Potrebbe anche essere in lui un senso di invidia nei miei riguardi: è assai più anziano di me, anzi ha un’anzianità maggiore dello stesso ispettore, che tratta col “tu”.
Lo ringrazia per le sue gentili parole.
Guglionesi, un centro non abbastanza grande con meno di 6000 abitanti, vanta un bel primato, che in percentuale dovrebbe essere al primo posto nella graduatoria nazionale.
Ha, infatti, cinque direttori didattici. Io rappresento l’ultimo arrivato: il quinto.
Un espediente di valore pratico messo in atto dal mio predecessore, a me già noto, mi rende perplesso, perché lo ritengo inutile e poco rispettoso della libertà di ogni maestro: l’impianto centralizzato che troneggia in un angolo dell’ufficio di direzione da dove si può parlare con tutte le aule o con una soltanto. L’unico vantaggio di tale aggeggio è costituito dal fatto che da esso viene irradiato all’inizio delle lezioni un canto religioso, propedeutico alla preghiera con la quale inizia ogni giornata scolastica. Giuro che non l’utilizzerò mai per irradiare disposizioni a distanza.
Con i maestri preferisco parlare a voce. Dopo qualche mese, alla parete destra, per me che guardo dalla scrivania, faccio attaccare un tabellone con la carta geografica dei comuni di Guglionesi e Montecilfone e S. Giacomo degli Schiavoni. Nei punti dove sono ubicati i diversi plessi disseminati nel vasto agro, faccio fissare dei cartellini indicanti le diverse scuole rurali pluriclassi per un totale di n. 9, di cui due sussidiate. Il tabellone vuole essere il termometro del Circolo.
Ogni qualvolta nei diversi plessi si verificano eventi straordinari o anormali rispetto all’andamento della scuola (alunni, arredo, sussidi, assenze) io ne misuro la distanza in chilometri e per predisporre il piano delle visite mensili da inviare all’Ispettore Scolastico. Spesso mi abbandono, specie di sera, ad osservare il gioco di colore che fanno le luci che si riflettono sulla parete di fronte dove un armadio di ferro che contiene i fascicoli personali di ogni maestro. Quell’ampio pannello è a volte punteggiato di rosso e di verde. Mi pare di essere alla stazione di Termoli, nello spiazzale antistante i binari, ove vengono segnalati, con colori diversi, i treni in arrivo e in partenza. Nel salottino antistante la direzione e la segreteria è appesa una gigantografia del panorama di Guglionesi vista dall’alto; foto scattata da quel Nino, ora colonnello dell’Aeronautica, il quale continua ancora oggi a venire a salutare dall’alto i suoi genitori. Ma un dubbio torna spesso alla mia mente: sarò io capace di essere il superiore dei colleghi di ieri, di farmi amare, stimare, rispettare?
Saprò sfatare il vecchio adagio “nessuno profeta in Patria?”

2) PRIMA RIUNIONE

Oggi affronto per la prima volta nella scuola, gli insegnanti riuniti. Parlo davanti ad una cinquantina di maestri e maestre. Ho il batticuore. Io li guardo e loro guardano me.
Comincio a rinnovare, in forma titubante, la mia soddisfazione ed insieme a rendere palese la mia preoccupazione per il compito che devo svolgere. Confido nella collaborazione piena di tutti. Avverto che, prima di iniziare a trattare i problemi didattici e scolastici, desidero assicurare tutti che il principale problema che affronterò nel rapporto interpersonale è quello della democrazia nella scuola, della libertà dei maestri, della formazione dei ragazzi in un clima di vera democrazia e libertà. Assicuro che non sarò un dittatore che si nasconde dietro cortine fumogene di falsi problemi educativi, ma di far camminare la scuola al passo dei tempi.
Ho letto da qualche parte che l’istituto della Direzione didattica è la mela marcia che corrode ed avvelena tutta la vita scolastica perché, col suo atteggiamento autoritario, impedisce lo sviluppo civile e democratico, libero e responsabile, impegnato delle nuove generazioni.
Io conto di essere annoverato tra gli innovatori e le mie saranno non ordini, ma solo “proposte” di democrazia, di funzionalità, di responsabilità per tutti. Oggi la scuola non è quella di qualche decennio fa, quando il maestro faceva soltanto scuola, come se si trattasse di una missione. Missione, apostolato, vocazione sembrano essere parole retoriche e vuote. La maggiore parte dei maestri considera il loro lavoro un mestiere.
Tornando al problema vero, io resto convinto che trovare la soluzione di tutti i mali che ora affliggono la scuola non vi sia che una via: la libertà, la democrazia, l’autonomia.
Dico: c’è la libertà in Italia? Che significa libertà? Quello di imparare, magari il proprio pensiero sformando libri di pedagogia con cognizioni e teorie sempre nuove, come per la matematica, dove si incontrano parole di significato oscuro e poco comprensibili, come struttura, insiemistica, seriazione, corrispondenza biunivoca, invarianza ecc...
So bene che molti maestri hanno delle riserve, delle titubanze circa le innovazioni, che pur sono inderogabili, ma anche non insormontabili. Occorre che ognuno prenda coscienza di quello che siamo e di quello che possiamo valere. Dobbiamo avere chiara e precisa la consapevolezza che la classe magistrale è in grado di esprimere dal suo seno, docenti che sappiano condurre gli alunni verso migliori traguardi.
Finalmente sono usciti tutti e lentamente mi dirigo verso l’ufficio di direzione, quasi affranto dalla lunga fatica. Anche il segretario se ne è andato. Una gran cosa le riunioni, una gran cosa la democrazia! Si può parlare, si possono fare proposte, criticare, esprimere anche contraddizioni. Quasi tutti sono intervenuti con consigli, proposte, suggerimenti. Tanti maestri, presi singolarmente, non riescono ad aprire bocca, ma quando si tratta di discutere, sono pronti a contraddire, a proporre, qualcuno ad essere uno spiccato autore.

Nei prossimi giorni mi accingerò a redigere un piano delle attività della scuola, sulla base dei risultati della riunione.


2) LE DIRETTIVE DIDATTICHE

A tutti i maestri del Circolo. Sedi.
Il direttore didattico è soprattutto un organo che, oltre ad esplicare una funzione di mediazione tra scuola militante e gli Uffici superiori (Ispettorato, Provveditorato, Ministero) promuove l’aggiornamento culturale dei maestri, incoraggia la sperimentazione di nuove tecniche, vigila sull’andamento disciplinare e didattico delle scuole dipendenti. dall’inizio della mia carriera, mi propongo di fare da ponte fra la cultura pedagogica e gli insegnanti, affinché questi possano svolgere la loro funzione educativa con più chiara consapevolezza e intelligenza critica. Queste direttive sono il frutto della mia preparazione culturale e professionale e sono il risultato dei vostri suggerimenti. Nutro fiducia che i problemi di metodologia prospettati gioveranno ad evidenziare i più importanti concetti di pedagogia al fine di un’azione didattica più consapevole ed illuminata.

I PIANI DI LAVORO DEL MAESTRO.

A) IL PIANO ANNUALE
Avvertono i programmi: Spetta naturalmente all’insegnante, in base alle accertate possibilità dei singoli scolari, di formulare il suo piano di lavoro distribuito nel tempo, che egli potrà naturalmente aggiornare alla luce di una sempre più approfondita conoscenza della scolaresca.
Redigerlo, pertanto, è un obbligo sia morale che giuridico, non solo per delimitare e concretare il programma ministeriale, che si presenta generico, scheletrico e diverso per cicli, ma anche per adeguarlo sia alle possibilità affettive e alle esigenze spirituali della scolaresca, sia alle peculiari caratteristiche dell’ambiente familiare e sociale.
Sulle modalità di compilazione, consiglio di redigerlo per trimestre ed articolato in tre parti:

1) considerazioni introduttive sulle caratteristiche dell’ambiente e la preparazione della scolaresca;
2) particolari criteri didattici che si intendono attuare;
3) argomenti dettagliati, collegati e prevedibili
di istruzione programmata.

Sarebbe bene che gli insegnanti delle classi parallele se lo discutessero e concordassero insieme.
Il piano dovrà essere pronto alla fine del mese di ottobre.


B) PIANO MENSILE
Sarà bene che ogni insegnante lo compili in forma preventiva. Essa costituirà una maggiore distribuzione particolareggiata del programma annuale. Alla fine di ogni mese l’insegnante, nella parte riservata alla cronaca, annoterà gli argomenti occasionali e non
previsti e indicherà i motivi dell’eventuale svolgimento parziale del programma preventivato.
La cronaca scolastica rivela il maestro. Essa dovrebbe non soltanto annotare celebrazioni, feste ricorrenze, visite, ma anche svelare i criteri didattici, le ansie, i timori, le soddisfazioni, le considerazioni dell’insegnante.

C) IL PIANO GIORNALIERO
Per quanto non sia contemplato da nessuna norma, tuttavia debbo dire che mi sta molto a cuore il “quaderno personale” in cui il maestro traccia giorno dopo giorno lo schema dell’attività scolastica. Esso prova che il maestro non si affida all’improvvisazione, ma prevede, prepara, rende interessante l’azione educativa.
Non è vero che si può fare a meno di una preparazione coscienziosa ed accurata; è una scusa per la nostra poltroneria.
L’attività scolastica sarà tanto più efficiente quanto più sarà preparata in modo organico.

D) L’ORARIO SCOLASTICO
Anche l’orario scolastico è un elemento di disciplina quando è concepito come giusta distribuzione del tempo disponibile per le lezioni. E’ lasciata piena libertà di ripartire le ore di scuola per lo svolgimento delle varie materie o attività; però è opportuno tenere presente a) che lo sforzo, accompagnato dall’interesse, intorno ad un dato argomento, non può essere pro tratto oltre il limite di resistenza intellettuale e nervosa degli scolari; b) che è, conveniente variare l’ attività scolastica e inserire in essa momenti di occupazioni ricreative e distensive (ginnastica, canto, lavoro manuale); c) che alle materie di maggiore impegno intellettuale vanno riservate le ore centrali.
Io penso che sia utile formarsi un orientativo orario settimanale delle lezioni nelle classi del 2° ciclo ed attenervisi nei limiti del possibile per evitare sviluppi sproporzionati allo svolgimento delle materie.

E) COMPITI A CASA TRADIZIONALI E NUOVI
Non sono del parere che i compiti tradizionali a casa, date le poche ore di attività scolastica, debbano essere aboliti del tutto. Ma vorrei che fossero accompagnati, se non sostituiti, da compiti nuovi, personali o di gruppo, cioè di scuola attiva: ricerche, compiti di ricognizione ambientale, raccolta di sussidi sensoriali, compilazione di schede, lavori manuali a completamento dell’attività intellettuale.
Buona norma, poi, è quella che i compiti scritti di casa siano ogni volta corretti o in modo individuale o in modo collettivo alla lavagna.

F) QUADERNI DEI PROFILI DEGLI ALUNNI
Redigere per ogni alunno il profilo della sua personalità con individuali osservazioni sull’impegno, il profitto, il rendimento, sulla disciplina, il comportamento e l’ambiente familiare, sulle attitudini, le disposizioni, le anomalie.

Il profilo servirà a fine anno a compilare il libretto scolastico di nuova istituzione.
Quando un alunno si trasferirà in un’altra scuola, l’insegnante avrà cura di far pervenire a quest’Ufficio, insieme con le notizie, anche un foglio in cui sarà trascritto il profilo di lui. Esso verrà allegato al libretto scolastico e alla pagella, che quest’Ufficio provvederà a spedire con il nullaosta, alla direzione didattica della scuola che l’alunno medesimo andrà a frequentare.

G) GIOCO E GINNASTICA
Per soddisfare il desiderio e il naturale bisogno di giocare e ricrearsi che hanno i fanciulli, e per un addestramento del corpo che si risolva in un’educazione della mente e della volontà, gli insegnanti sono pregati di voler praticare, per quanto è possibile, ginnastica all’aperto o in cortile. Quando, per l’inclemenza del tempo non sarà possibile uscire dalla scuola, si facciano eseguire esercizi fisici nel corridoio o nell’atrio o anche fra i banchi di scuola. Gli insegnanti fiduciari dei diversi plessi, presi gli accordi con i colleghi, esporranno all’albo l’orario delle lezioni di educazione fisica, con l’avvertenza di assegnare per ogni classe due lezioni settimanali.

H) ATTIVITÀ COMUNI IN CLASSE
Educare alla cooperazione e alla socialità costituisce uno dei compiti principali della scuola. Pertanto ogni insegnante organizzerà e strutturerà l’attività scolastica in modo che di tanto in tanto gli alunni, o a gruppi o tutti insieme, si associno per la creazione di un’opera comune. Ora si tratterà di condurre ricerche, ora di un lavoro veramente costruttivo., eseguito con lo scopo di abbellire l’aula o preparare regalucci per i genitori o integrare l’apprendimento, ora d’uno spettacolo in occasione di particolari feste. Relegare ai margini dell’azione educativa il lavoro manuale, così congeniale al fanciullo, è un errore pedagogico. E’ di esempio la tradizione delle nostre scuole, dove insegnanti preparati e inclini a questo genere di attività hanno sempre saputo creare occupazioni ricreative e accademie scolastiche con enorme successo.

I) LA CONVERSAZIONE IN CLASSE
Il silenzio è indubbiamente un grande pregio dell’uomo. La parola stessa nasce dal silenzio, germoglia e poi esce dal silenzio e abbandona l’interiorità che ne è la madre. A volte vi è dentro di noi un nesso dialettico di silenzi e parole, e sovente il silenzio racchiude emozioni di gioia, di dolore, di amore; e uno sguardo silenzioso è più significativo e comunicativo della scuola. Nella scuola, però, la conversazione, e quindi la parola, non è meno importante del silenzio. La conversazione, non mi stancherò mai di ripeterlo, è un mezzo importantissimo per imparare a parlare, a scrivere con chiarezza e correttamente, sia per suscitare gli interessi degli scolari agli argomenti da svolgere, sia per avviare al componimento individuale e guidato. Chi è incoraggiato in classe a parlare, arriva
presto a scrivere con facilità, precisione e stile (Isacs “I ragazzi dai 7 agli 11 anni”).
L’insegnante che non incoraggi e non promuova la conversazione in classe, come indicano i Programmi, comprime un naturale bisogno del fanciullo, oltre a perdere un’ottima occasione per insegnare a curare la proprietà del linguaggio, l’arricchimento del vocabolario e quindi delle idee. Ogni lettura, dunque, ogni poesia, ogni argomento di lezione, abbia la sua conversazione. Una forma di “conversazione” è anche la “relazione” che l’alunno tiene dinanzi ad una scolaresca attenta su di un fatto osservato, su di un’esperienza vissuta, su una esplorazione ambientale compiuta, su una lettura fatta a casa. Altra forma di conversazione è l’esposizione da parte di uno scolaro su una lezione di storia, geografia, scienze. L’insegnante è bene che ascolti ed intervenga solo per incoraggiare, in modo che l’alunno impari a parlare con correttezza e chiarezza nella lingua nazionale. A mio avviso l’interrogazione a base di specifiche domande deve avere carattere supplementare ed essere usata solo quando l’alunno non sia sufficientemente preparato a discorrere o abbia un temperamento emotivo.

L) L’ INSEGNAMENTO INDIVIDUALIZZATO
Individualizzare l’azione educativa significa innanzitutto permeare di autonomia l’attività didattica, promuovendo la spontanea ed impegnativa partecipazione non solo interiore, con la mente, la volontà e il sentimento, ma anche esteriore, per mezzo delle ricerche, collezioni, raccolte. I momenti per tali attività sono racchiusi nel ritmo O.R.E. (Osservazione, riflessione, espressione).
Per raggiungere tale obiettivo occorre psicologgizzare l’insegnamento, cioè renderlo interessante e adeguarlo alle capacità degli alunni.
Ma non è tutto. Individualizzare l’azione educativa significa dare possibilità, specie ai migliori, di cimentarsi in compiti diversi di integrazione e approfondimento in modo da non livellare la classe e non costringere gli alunni più bravi a tenere il passo con quelli che dimostrano minore intelligenza e poco profitto.
Inoltre individualizzare l’azione educativa significa rispettare i vari gruppi omogenei (almeno tre: avanguardia, centro, retroguardia) che naturalmente nella varietà dei livelli culturali, si formano spontaneamente in ogni classe.
Ma essenzialmente individualizzare significa curare singolarmente i più deboli della retroguardia, affinché non si perdano d’animo e non siano, senza speranza, condannati alla ripetenza.
Non è vero che le cause di tale fenomeno, ancora presente nelle nostre scuole, sia l’ereditarietà e l’ambiente. talvolta è anche colpa del maestro, quando trascura e mortifica un alunno solo perché la sua insufficienza mentale richiede la pazienza che egli, maestro, non ha e particolari accorgimenti che non sa o non vuole escogitare.

M) L’ INTERESSE
La conoscenza è un atto “sintetico”, uno e molteplice ad un tempo. Vi confluisce la volontà come determinazione d’apprendere e come attenzione; il senso, come punto di partenza di conoscenza intellettuale; il sentimento, come interesse soggettivo e favorevole disposizione verso il maestro e la scuola.
Se si vuole che il fanciullo, più senso e sentimento che ragione e volontà, impari durevolmente, è necessario che vi sia il contributo del sentimento nella forma dell’interesse, e dei sensi, che significa toccare, vedere, udire.
La scuola deve far leva non sull’attenzione volontaria, di cui il fanciullo è capace solo per poco tempo, ma su quella spontanea e involontaria, che deriva dal sentimento dell’interesse soggettivo, che si pone tra un bisogno e la conoscenza. Suscitarlo non è semplice; richiede tatto, abilità, impegno.
Difficilmente suscita interesse, e quindi l’attenzione spontanea, il maestro che un qualsiasi argomento di studio non pensa di introdurlo con la conversazione, traendo lo spirito da esperienze vive degli scolari e dall’ambiente in cui vivono ed operano, e non prepari a casa la lezione nei suoi particolari con senso di responsabilità e consapevolezza didattica.

N) SPERIMENTAZIONE DIDATTICA
L’aggiornamento più efficace non è quello che si ricava dai corsi o dai seminari (che non sono necessari), ma quello che si pratica facendo scuola con passione, intelligenza critica e volontà di sperimentazione, con la guida, lo stimolo e l’indirizzo del direttore didattico, organo di cultura e propulsore di sperimentazioni.
Vorrei, quest’anno, vedere impegnati i docenti del Circolo, soprattutto quelli di plessi più grandi, nell’attuazione di due mezzi di apprendimento della Storia: la drammatizzazione e le ricerche.
La drammatizzazione imprime all’attività scolastica un tono gioioso perché valorizza la spontaneità del fanciullo di esprimersi col gesto, l’azione e la parola. Non ha bisogno di messa in scena, di palcoscenico; si può realizzare nella stessa aula scolastica senza costumi né travestimenti, in quanto l’alunno sa entrare nell’atmosfera dello spettacolo come in un gioco; ben si addice ad un’età in cui l’immaginazione è viva, la memoria fresca, l’imitazione mimica istintiva.
Le ricerche. Per ricerca si intende l’attività più o meno autonoma degli scolari al fine di raccogliere materiale sensoriale - intuitivo, esplorare l’ambiente circostante nei suoi molteplici interessi oggettivi, documentare con la storia passata la moderna civiltà, integrare ed approfondire il sapere episodico. Si potrebbe paragonare, la ricerca, al “progetto dei problemi” del Kilpatrik.
1) Le ricerche hanno valore pedagogico - didattico
a) perché sono un mezzo per una maggiore assimilazione del sapere; b) perché promuovono l’autoistruzione, lo spirito di osservazione, il senso critico, l’atteggiamento sperimentale, l’autonomia intellettuale, l’educazione formale,; c) perché fanno amare la materia di studio.
2) Le ricerche hanno fondamento e giustificazione teorica:
a) nel principio dell’autonomia, che fa del fanciullo il fattore principale della propria educazione e la causa dell’apprendimento con la sua partecipazione esteriore ed interiore, visibile ed invisibile, spontanea e volontaria all’azione eteronomica dell’insegnante;
b) nel principio dell’individualizzazione, che nelle sue pratiche applicazioni prescrive che sia lo scolaro ad istruirsi a suo tempo e modo; nella legge del sintetismo, che vuole la conciliazione tra alcune dicotomie pedagogiche e didattiche, in particolare tra il metodo materiale e quello formale, tra l’episodico e i sistematico, tra lavoro e gioco, tra sfogo ed interesse, tra senso e ragione , tra educazione individuale e collettiva; d) nella norma didattica che il miglior modo di apprendere non è tanto l’ascoltare quanto il “fare”, giacché “si impara più compiutamente e durevolmente ciò che in un certo modo si apprende da sé” (Kant); e) in una ben interpretata istanza didattica dell’aderenza all’ambiente (come suggeriscono opportunamente i programmi).
3) Ecco alcuni criteri didattici per la guida all’attività di ricerca da parte dell’insegnante : a) le ricerche vanno adeguate alla capacità di comprensione degli scolari; b) quelle di consultazione debbono essere svolte preferibilmente a scuola; c) bisogna promuovere e incoraggiare non tanto le ricerche di consultazione quanto quelle di esplorazione e ricognizione ambientale; d) è bene affidare compiti di ricerca a gruppi di squadre di alunni; e)il lavoro di ricerca deve essere raccolto, ordinato e schedato; e) le ricerche debbono essere libere e motivate.


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Le mie direttive qualcuno le ha definite “proclama”. Non importa. I dissenzienti, i critici, ci sono un po' ovunque.
I più, invece, hanno accolto favorevolmente i suggerimenti, che non vogliono certo essere imposizioni.

PROFETA IN PATRIA
Il Circolo didattico di Guglionesi comprende tre comuni: Montecilfone (paese di origine albanese, di cui conserva anche oggi l’idioma), S. Giacomo degli Schiavoni, e Guglionesi, sede della direzione didattica.
Complessivamente i plessi sono quattro e otto rurali e tre classi differenziali per alunni in difficoltà, dislocati nel vasto agro.
A Guglionesi, poi, funzionano anche alcune classi nella Casa del fanciullo, come sedi staccate. Gli alunni assommano ad oltre 750 dalla prima alla quinta, senza calcolare quelli di alcune classi sussidiate, che funzionano all’occorrenza in zone disagiate e non servite dal servizio scolastico statale.
L’edificio scolastico, sede della direzione didattica, non è nuovissimo, ha un atteggiamento severo, e conserva (è stato costruito negli anni trenta) intatta la sua solida struttura, che sembra fatta apposta per durare in eterno.
Ha un bell’ufficio, esposto a sud: poltrona con rotelle, un impianto radio emittente centralizzato (la “stanza dei bottoni”).
In due vaste sale accanto c’è l’ufficio di segreteria. Accanto all’ufficio, un disimpegno con un salotto arredato.
Alla parete, sopra il divano, ho fatto collocare una gigantografia del paese visto dall’alto.
Parlo, quando voglio, contemporaneamente o singolarmente con gli alunni di tutte le classi e con i venticinque maestri.
Ogni mattina faccio irradiare un canto religioso che giunge a tutte le classi, e serve da preambolo all’inizio delle lezioni.
Premo un pulsante, suona un campanello, compare un bidello, Paolone, che sta a disposizione prevalentemente dell’Ufficio. Sono pochi i bidelli che il Comune ha messo a disposizione per le pulizie: sono cinque più uno per la Scuola Materna.
Vi sono tre maestre viaggianti, cioè non residenti a Guglionesi, ma a Termoli, località balneare che dista appena quindici chilometri da Guglionesi. Quando mi incontrano mi salutano con rispetto. Gli altri (i colleghi di ieri) mi salutano affettuosamente.
Qualche maestra, come la Lucia, finge di non vedermi, di soppiatto abborda la coda del corridoio per scomparire dietro l’angolo e rintanarsi (solo per poco) perché i bidelli mi dicono che è sempre in giro. Sono diventato importante, un’Autorità locale.
Penso ad otto anni fa, quando ero loro collega. Sono e mi sento profeta in patria. E questo contrariamente a quello che di solito accade. Una ragione ci deve essere. Credo per il fatto che io mi sento ancora un maestro, sia pure con le funzioni direttive di un Circolo didattico importante come quello di Guglionesi.
La mia poltrona gira su quattro sfere, quattro rotelle rivestite da un cerchio di gomma. Hanno la forma di quattro palline rassomiglianti, soprattutto per il cerchietto di gomma, a quattro mappamondi. Sto seduto e giro su di una poltrona che poggia su quattro mondi, che comprimo, manovro, comando, schiaccio, perché sono sotto la mia considerevole mole.
Ho un telefono (uno più uno. Un ricevitore per me, l’altro per il segretario) a disposizione, una guida telefonica e i fascicoli personali custoditi in un armadio ben chiuso di fronte alla scrivania.
La prima volta che ho telefonato al provveditorato ho avuto un po' paura. Oggi non più. Di solito il contatto telefonico avviene nelle prime ore della mattina. A rispondere, all’altro capo del telefono, è don Arturo, detto “l’anagrafe del provveditorato agli Studi”, per la sua memoria nel ricordare vita e miracoli di ogni maestro di provincia.
Possiedo i sigilli del potere : due timbri forniti dalla Zecca, di cui uno di forma ovale per la franchigia postale, l’altro, tondo, per autenticare i miei decreti di nomina, le mia circolari interne e la mia corrispondenza ufficiale. Penso a volte a questi sigilli del potere.
Che strana cosa! Sono diventato veramente importante.
Sono interamente soddisfatto. L’Ufficio di segreteria funzione egregiamente. Il segretario, Lorenzo, si lamenta per l’eccesso di lavoro. Asserisce (e di questo non posso che dargli ragione) che il Provveditorato e l’Ispettorato si prendono gioco della direzione, rendendola un “bidone della spazzatura”.
Tutto finisce da noi: prospetti, stampati di cui non si vede la necessità né l’urgenza a redigerli, e dei quali si percepisce l’inutilità;
copia di atti forniti a ciclostile o a stampa; stipendi fatti e rifatti per l’ennesima variazione pervenuta all’ultimo minuto, magari per corrispondere dieci lire di differenza; ripetizioni di notizie e di informazioni; comunicazioni di ricevuta e cenni di assicurazione di adempimento, che paiono richiesti solo per far lavorare.
Si aggiungono i congedi e le supplenze; i certificati di servizio; i movimenti degli insegnanti e degli alunni, con il conseguente scambio di carteggio; le incombenze relative alle pagelle, ai libri di testo, agli edifici, arredi e sussidi; le certificazioni varie; i rapporti con il pubblico, con gli Enti e le Autorità; le cerimonie e ... un mare di guai!
Il segretario mi ripete spesso che se non lo faccio io, lo farà lui a protestare, tramite il Sindacato di categoria.
Cerco di dissuaderlo, lo scongiuro di non farlo. In fondo sono io il direttore titolare e il responsabile di tutto l’andamento amministrativo dell’Ufficio. Ho bisogno di non urtare nessuno ... di vivere in pace...

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E’ venuto a trovarmi il mio vecchio direttore, ora ispettore scolastico, che si trova a Termoli per un corso di aggiornamento interregionale. E’ stato direttore di Mignano per parecchi anni, fino a quando non mi decisi, appena sposato, di trasferirmi nel mio paese di nascita.
Un gran uomo saggio. Mi parla, mi informa e capisco che gradirebbe darmi dei consigli. Lo ascolto. La sua prima e più viva raccomandazione : “Cerca di andare d’accordo con il segretario. Guai se il segretario dovesse trasformarsi in uno strumento di opposizione interna : fuga di notizie, chiacchiericcio, colpi mancini, trabocchetti per i congedi e supplenze, zizzania... “Vai d’accordo con quanti lavorano nell’ufficio di segreteria”.
Non ce n’è bisogno. E’ il mio comportamento abituale.

IN VISITA CON L’ ISPETTORE

Entra in ufficio l’ispettore Todisco.
L’avevo già conosciuto quando ero maestro, al momento della mia vincita al concorso per meriti distinti. Allora si era molto complimentato con me.
“Si ricordi - mi dice - che la mia Circoscrizione è sempre stata una delle più attive e più fattive della provincia, nelle gare, nei concorsi, nelle offerte, nelle cerimonie.
Tutti i direttori debbono secondare, anche con sacrificio personale, il mio sforzo di rendere sempre più il mio ufficio un esempio di razionalità. Non sono, io, uno di quelli che vengono promossi per merito da “compare attivo”.
Dopo uno sguardo sommario all’ufficio e dopo aver scambiato qualche battuta con il segretario (che di lui già conosce, per via del
partito al quale tutti e due appartengono) egli continua a rivolgersi a me : “Mi accompagni a visitare qualche scolaresca”.
Prima aula : quella di un maestro viaggiatore, uno di quelli che ...

Il Direttore didattico prof. Ferdinando Gizzi

Il... pezzo di carta

Le suore di Guglionesi

Il direttore didattico Gizzi (al centro) in convegno con il preside Mileti (a sinistra) e l'ispettore Di Biase (a destra)

Tre vecchi amici

Don Carlo Maglia

Amarcord

All'Istituto Magistrale di Guglionesi

Il Direttore didattico prof. Ferdinando Gizzi


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