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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 13/2/2010 ● Click 1966

La San Valentino a Iqaluit, nel Nunavut


Filippo Salvatore © FUORI PORTA WEB

Il cuore umano obbedisce ad una legge misteriosa: il bisogno d’amore. L’amore può essere scoperto e provato ovunque; su un’isola sotto il sole tropicale, ma anche in un clima rigido come quello dell’Isola di Baffin, nel Nunavut. È a Iqaluit, la capitale del Nunavut, sull’isola di Baffin, che Kimberley Kwatylyshen, una consulente in sport, si è innamorata di Franco Rizzi, un elettrecista specializzato nato e cresciuto a Montreal, figlio di immigrati italiani originari di Sannicandro, nelle Puglie.
Kim è nata a Dauphin nel Manitoba di madre irlandese e di padre ucraino. É una bionda, alta, statuaria che si è laureata in Educazione Fisica all’università di Brandon. Nel 2000 è stata assunta come direttrice generale dei Giochi Invernali dell’Artico ed è andata ad abitare a Iqaluit. É in questi termini che Kim ricorda come è stata colpita da Cupido. ‘Era una giornata glaciale di febbraio del 2001. Ero andata a prendere il cibo che avevo ordinato e che un aereo avevo portato dal sud dopo una tormenta di neve di cinque giorni. Portavo un giubbone con un cappuccio che mi copriva a metà il viso mentre facevo la fila dentro il negozio Arctic Ventures. Ad un certo punto un uomo che faceva anche lui la fila, mi ha guardato e mi ha fatto un bel sorriso. Anch’io gli ho sorriso e quel sorriso è stato la scintilla che ha appiccato il fuoco al nostro rapporto. Due giorni dopo l’ho rivisto, mi ha salutato, ha cominciato a parlarmi e mi invitato a bere un caffé insieme. Il nostro quarto appuntamento è stato il giorno della San Valentino. Franco mi ha invitato a casa sua e ricordo benissimo il pranzo che aveva preparato, bucatini al sugo con parmigiano. É un insieme di cose che mi sono piaciute in lui: la sua apparenza fisica, certo, ma anche la sua cucina. Ho scoperto un uomo che amava la vita famigliale, che credeva in valori che condividevo, con il quale mi vedevo vivere insieme e formare una famiglia’. ‘ Il sentimento è stato reciproco, spiega Franco. A Pasqua ho invitato Kim a Montreal per farle conoscere i miei. Sono rimasto colpito dal fatto che lei e mia madre hanno sùbito legato e sono andate d’accordo. Ci siamo sposati in una chiesa cattolica a Dauphin nel Manitoba e abbiamo accolto gli invitati al matrimonio sotto una tenda enorme. Abbiamo servito tanto buon cibo al ricevimento e ballato con musica ucraina ed italiana. Kim è stata immediatamente conquistata dalla gastronomia italiana e dopo qualche anno di pratica se la cava veramente benissimo in cucina. É diventata brava come mia madre’. ‘Persino a Iqaluit, un centro di 6,000 anime si può mangiare la pizza’ sottolinea Kim durante il nostro incontro a casa sua a Laval’.
Dopo essersi sposati Kim e Franco hanno abitato per cinque anni a Iqaluit dove sono nati sia Camilla che Anthony, di sette e di cinque anni. La signora Rizzi ha immediatamente manifestato un profondo interesse per ogni aspetto dell’italianità, dal cibo alla moda, dai gioielli ai mobili, ad una conoscenza di base della lingua ‘ per poter comunicare con la parentela’. La verità è che Kim ha adottato a braccia aperte la cultura italiana e lo ha fatto a tal punto che è diventata più italiana di tanti ‘veri’ italiani, come ad alcuni suoi amici intimi piace sottolineare. É la forza dell’amore e la scoperta della ricchezza della cultura italiana che l’hanno spinta, a mio avviso, ad ‘italianizzarsi”. L’isolamento della giovane coppia nel Nunavut l’ha spinta ad interagire con vicini ed amici soprattutto inuit. Il cibo Inuit è molto diverso da quello italiano. ‘Gli Inuit mangiano tanto pesce e carne di foca quasi cruda, spiega Kim. Tuttavia quando abbiamo invitato i nostri amici a pranzo da noi, è piaciuta loro anche la cucina italiana. Quello che mi ha sorpreso è il modo assolutamente naturale in cui sia Camilla che Anthony hanno saputo unire le tradizioni inuit e italiane. Per esempio a Camilla piace mangiare la carne ed il pesce quasi crudi, proprio come fanno i suoi amici inuit. A lei, però, piacciono tanto anche la pasta ed i gelati’. Kim smette di parlare e torna con il pensiero a quando viveva con i suoi a Iqaluit. Poi continua, ‘ L’esperienza più bella vissuta tutti insieme erano le scampagnate la domenica pomeriggio.Dopo aver cotto la pasta Franco si mettava alla guida della motoslitta, mentre io ed i piccoli ci sedevamo dentro un rimorchio di legno e ci coprivamo per ripararci dal freddo con una coperta fatta con la pelle di caribù. Dopo un lungo percorso sulla neve e sulla tundra, sceglievamo un posto dove ci fermavamo e mangiavamo all’aria aperta circondati da una vista che mozzava il fiato.Una sensazione che si può provare solo nel Nunavut. Bisognava prima però costruire un piccolo iglù dentro il quale ai bambini piaceva mangiare’. Nel 2006 i Rizzi hanno traslocato da Iqaluit nella zona metropolitana di Montreal. Al giorno d’oggi abitano in un bel villino con una facciata di pietra grigia a Laval. Un Inuksuk, una figura umana stilizzata fatta di pietre come soliti costruire gli Inuit, si trova nel giardino antistante alla loro casa e la distingue dalle altre. É un segno tangibile della dimensione inuit della complessa identità della famiglia Rizzi. Kim lavora ora come direttrice della Canadian Deaf Sports Association. Camilla ed Anthony frequentano durante la settimana una scuola di lingua francese ed il sabato mattina vanno a scuola d’italiano. Franco continua a lavorare come elettrecista specializzato nel Nunavut per la Nasittuq Corporation, una ditta appaltatrice della Difesa Nazionale che negli anni ’80 è subentrata nella manutenzione delle più recenti componenti delle basi di protezione militare ubicate sull’isola di Baffin, una delle cinque zone dislocate dall’isola di Baffin fino all’Alaska. ‘ Ogni mattina arrivo in elicottero alla base, dice Franco, e la sera torno sempre in elicottero a Iqaluit. Dopo aver lavorato per sei settimane nel Nunavut, torno in aereo a Montreal. Faccio la spola nord-sud continuamente, ma ormai ci ho fatto il callo.Trascorro sei mesi nel Nunavut ed il resto del tempo con la famiglia. Il Nunavut e la realtà inuit sono ormai parte integrante di me e di tutta la mia famiglia’. ‘ É proprio vero, conferma Kim. Anthony aveva poco più di un anno quando lo abbiamo fatto battezzare a Montreal nella parrocchia Madonna della Difesa.Era la prima volta che viaggiava al di fuori dell’artico. Nell’entrare in chiesa, rimasto colpito dalle dimensioni della volta, ha gridato - iglù, Iglù- . La chiesa era sinonimo per lui di un grande iglù’. Durante il mio incontro con i Rizzi, mi ha colpito che sia Camilla che Anthony capivano e mi rispondevano in italiano.Quando ho chiesto a Camilla di definirsi, ha coniato un neologismo. – Sono una Italo/nunavumutiana, ossia una italo/inuit.Un tipo di persona veramente raro che si può trovare solo in Canada. Camilla dà un significato concreto a questa definizione nel salutarmi. Mi si avvicina e mi dà un kunii, un bacio alla inuit. Aspira e mi tocca lo zigomo con la punta del naso. Mi dice –ciao- e corre ad inseguire suo fratello che chiama Tuni-Tuni, come facevano i bambini a Iqaluit.
[L'articolo del prof. Filippo Salvatore sarà pubblicato sulla rivista "Panoramitalia" di Marzo 2010, nella versione in lingua francese]


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