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Lettera a FPWGuglionesi
Pubblicato in data 28/4/2009 ● Click 2347

Addio vecchio alpino


Filippo Salvatore © FUORI PORTA WEB

Antonio Salvatore (Guglionesi, 10 Novembre 1921- Montreal 4 Aprile 2009) - "Addio vecchio alpino".
È difficile riassumere in poche parole l’intera vita di una persona. Oggi, 6 aprile 2009, lunedì santo, mentre da lontano ci giunge la notizia di un terribile terremoto che ha devastato parte della terra dove siamo nati, siamo riuniti qui nella Chiesa Madonna di Pompei per rendere un ultimo saluto alle spoglie mortali di un uomo, Antonio Salvatore, nato a Guglionesi di genitori abruzzesi, che abbiamo conosciuto nel corso della sua esistenza umana.
Il rapporto tra genitori e figli è sempre stato, è e rimarrà complesso. Noi figli vorremmo che i nostri genitori fossero esseri perfetti, possedessero tutte le qualità. E da bambini lo crediamo veramente. Nostro padre e nostra madre sono le migliori persone al mondo.
Poi gli anni passano e ci rendiamo conto che sono semplicemente esseri umani, un miscuglio contraddittorio di qualità e di difetti. É allora che il dialogo si fa difficile, a volte s’interrompe completamente. Sono i piccoli ripicchi e le contingenze quotidiane che costituiscono il metro dei nostri giudizi e condizionano le nostre reazioni.
Ma ci sono anche momenti, rari, ma ci sono, quando un padre ed una madre diventano degli amici, dei confidenti, le persone a cui si può aprire l’anima, dire quello che ci fa soffrire, i dubbi e le amarezze che spesso la vita ci riserva, semplicemente, interamente, senza paura di essere giudicati male.
Sono questi momenti di dialogo e di verità, rari ma fondamentali, che ho sempre apprezzato nel mio rapporto di figlio con te, Antonio Salvatore, uomo che mi hai dato la vita.
Mi hai detto e ripetuto e fatto apprezzare la libertà di giudizio e di comportamento. ‘Solo rimanendo liberi siamo veramente uomini’, mi ripetevi spesso. Adesso so quanto avevi ragione e capisco il tuo atteggiamento a volte ostile verso le convenzioni sociali. ‘E la libertà te la dà solo il lavoro. Sii orgoglioso di quello che fai, anche se si tratta di un lavoro umile, e fallo bene e vedrai che prima o poi il tuo merito e le tue capacità saranno riconosciute ed apprezzate’.
Ecco un altro principio nel quale profondamente credevi.
Un altro principio che ha guidato la tua vita e che mi hai saputo trasmettere è di dare alle parole il loro giusto peso. ‘Ma non vedi che è un chiacchierone!’ mi hai detto in circostanze a volte difficili. Adesso riconosco che avevi ragione. Tu eri di poche parole, ma ogni tua parola pesava un quintale. Anche questo mi hai insegnato.
E mi hai insegnato a credere in ideali nobili come l’amore della patria. É forse questa la ragione per la quale, malgrado gli oltre quarant’anni trascorsi in Canada, sei voluto rimanere cittadino italiano fino al giorno in cui ha chiuso per sempre gli occhi? Questo spiega il tuo attaccamento a quella penna nera sul tuo cappello di alpino che con tanto orgoglio hai portato sul fronte russo e da allora hai sempre portato anche in terra straniera e sei riuscito a fare amare a noi figli e persino ai nipoti. Come ridevano i tuoi occhi quando mettevamo il tuo cappello di alpino.
E mi hai insegnato che la differenza tra la vita e la morte è minima. ‘La nostra vita, mi hai ripetuto spesso, è una passeggiata. Godiamocela, perchè dura poco ed ogni lasciata è perduta’. Adesso capisco il segreto, che poi tanto segreto non era nemmeno, delle tue passeggiate.
E ti piaceva tanto la musica, che tu ritenevi la più sublime espressione dell’essenza umana. E questo spiega le tante ore da te trascorse da solo a sentire pezzi famosi di grandi compositori. Adesso che sei andato in un’altra dimensione, ti auguro di aver trovato un posto dove potrai ascoltare senza saziarti mai tutta la musica che vorrai.
Ho fatto un bilancio del rapporto che è intercorso tra di noi, padre e figlio, durante la notte che ho trascorso senza chiudere gli occhi accanto al tuo letto di ospedale. Non ci siamo detti nemmeno una parola, ma abbiamo comunicato tanto. Mentre il tuo corpo si stava lentamente, ma inesorabilmente spegnendo ed il rantolo della morte si avvicinava e stava per arrivarti in gola, siamo riusciti a dirci tante, tante cose. Hai aperto il tuo cuore completamente, finalmente, alla mia coscienza d’uomo ed ho capito chi sei stato e quanto mi hai voluto bene.
Ti ho lasciato all’alba dopo una notte bianca, memorabile, indimenticabile. Ed appena ti ho lasciato per qualche minuto, te ne sei andato per sempre.
Nel ritornare vicino al tuo letto, mi sono chinato sul tuo capezzale, ti ho dato un bacio, ho fatto il saluto militare davanti al tuo corpo ormai inerte e mi sono sgorgate dal cuore solo queste tre parole : ‘Arrivederci, vecchio alpino’. E da ‘mezzo alpino’ che sono, che non ha fatto la guerra, né spera di farla mai, perché la guerra è una brutta bestia, ti rinnovo oggi il mio saluto e ti dico: Papà ti ho voluto e ti vorrò sempre bene e mi mancherai, ci mancherai. La tua immortalità siamo noi, la tua famiglia, e le altre persone che hai amato, ed i valori che hai saputo inculcarci e che guidano la nostra vita.
‘Addio, vecchio alpino.’
[Testo dell'omelia che il prof. Filippo Salvatore ha letto il 6 Aprile scorso alla chiesa Madonna di Pompei a Montreal, durante la messa funebre del caro papà]
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Sentite condoglianze alla famiglia Salvatore dalla redazione di Fuoriportaweb.


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