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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 25/11/2008 ● Click 2548

Iterum latina Europae nova atque communis lingua sit!


Filippo Salvatore © FUORI PORTA WEB

Leggo con piacere l’articolo di Dario Fertilio su Il Corriere della Sera del 21 novembre 2008 riguardo all’uso dell’italiano nell’Unione Europea. Cito: ‘ Nella guerra europea delle lingue, l’italiano ha vinto una battaglia.E infatti la Corte di giustizia di Lussemburgo ha annullato la decisione della Commissione UE, quella che stabiliva di pubblicare i bandi per i posti di inquadramento superiore soltanto in tedesco, francese e inglese. D’ora in poi, dunque, l’italiano torna ufficialmente alla pari con le altre (insieme alla nostra, presumibilmente, farà un passo avanti anche lo spagnolo).’ Esulta tutto il Governo che ha fatto della difesa dell’italiano in Europa una priorità. Il Premier Silvio Berlusconi va lodato per aver chiesto a tutti i Ministri alcuni mesi fa di disertare le riunioni quando non sia previsto l’Interpratariato attivo e passivo in italiano o non sia disponibile la documentazione tradotta. ‘ Al di là della disputa europea, scrive giustamente il Fertilio, si pone una questione, oltre che linguistica, di prestigio internazionale e di politica culturale in genere’. Va ricordato che l’anno scorso il sito Internet dedicato all’anniversario del Trattato di Roma del 1957, che aveva sancito la nascita di quella che oggi è diventata l’Unione Europea, era stato concepito, scritto e pubblicato in diverse lingue, ma non in italiano. L’esclusione ha provocato una reazione di sano orgoglio che ha messo in moto un ricorso legale davanti alla Corte di Giustizia Europea. La reazione del Governo italiano e la decisione favorevole della Corte di Giustizia dovrebbero avere numerose ripercussioni sulla pubblicazione dei brevetti, dei bandi e sul numero dei traduttori in italiano in seno all’Unione Europea.Dovrebbe anche far sì che l’italiano ridiventi una delle principali lingue di lavoro dell’apparato burocratico di Bruxelles e di Strasburgo. Detta decisione mi spinge a fare una proposta solo apparentemente donchiscittesca: fare del latino la lingua di lavoro amministrativo, dei dibattiti al parlamento europeo, ed il veicolo di comunicazione a livello europeo ed internazionale. Cosa prevede la legislazione linguistica europea? Appartengono all’UE 27 stati, ma 23 son le lingue ufficiali.Tuttavia in pratica esistono 6 ‘lingue ponte’, ossia l’italiano, il francese, il polacco, il tedesco, l’inglese e lo spagnolo, e da 2(di solito inglese e francese) a 6 lingue di lavoro. Per quanto riguarda le lingue di lavoro ( francese, inglese ed in misura minore il tedesco) svolgono un’influenza determinante il luogo in cui l’istituzione europea risiede (francese ed inglese a Bruxelles e francese,inglese e tedesco a Strasburgo) e l’influenza momentanea della Presidenza di turno. Anche se vige la politica delle ‘6 lingue ponte’, gli alti funzionari operano in inglese, francese e tedesco con servizio o senza di interpretariato. Per quanto riguarada l’inglese il 75% degli europei lo considera una lingua utile ed il 41% lo parla soprattutto come seconda lingua. Per quanto riguarda la lingue neo-latine o romanze il francese all’interno dell’UE è parlato dal 28%, l’italiano dal 18%, lo spagnolo dal 15%, il romeno dal 6% ed il portoghese dal 3%. Le principali cinque lingue romanze sono quindi parlate dal 70% dei cittadini dell’UE. É questo un dato fondamentale di cui non si tiene abbastanza conto o non si fa valere abbastanza. Vige anche in seno all’UE la politica dell’uso della lingua materna e dell’insegnamento di altre due lingue. É prevalsa finora la politica dell’insegnamento dell’inglese come ‘ naturale’ seconda lingua, ma niente vieta che la situazione possa o debba cambiare, se c’è volontà politica e lungimiranza nel farlo. L’inglese è la lingua madre di 350 milioni di persone.Altri 300 milioni lo parlano come lingua seconda ed altri 100 lo utilizzano come lingua straniera. Il che fa dell’inglese ( o meglio di una sua forma semplificata, il pidgin English, una versione dell’americano parlato o cantato e dei suoi neologismi tecnici) una lingua capita da 750 milioni di persone. Solo il Cinese con 1,3 miliardi di locutori, supera l’inglese nella graduatoria delle lingue più parlate al mondo. La logica vorrebbe quindi che tutti dovrebbero imparare l’inglese, de facto la nuova lingua franca mondiale nel 2008. Ma le cose potrebbero benissimo stare da un punto di vista linguistico diversamenete ed in tempi anche brevi. Le principali 5 lingue romanze sono parlate da 900 milioni di persone come lingua madre e da oltre un miliardo e 50 milioni come lingua seconda e sono in ordine decrescente lo spagnolo,il francese,il portoghese, l’italiano ed il romeno. Ognuna delle cinque lingue romanze da sola non può competere con l’anglo-americano. Ma tutt’altro sarebbe il discorso se all’interno delle’UE ed a livello mondiale avvenisse un’ alleanza tra le lingue romanze. I rappresentanti politici ed i funzionari a livello europeo dovrebbero mettersi d’accordo per usare o tradurre da una all’altra delle lingue latine e gradualmente sempre di più in latino ed invogliare i rappresentanti di altri paesi di lingua madre altra, a preferire una lingua romanza, e man mano il latino. Occorerebbe,tramite accordi bilaterali, nei paesi di lingua romanza, preferire l’insegnamento di una o due altre lingue neo-latine e soprattutto del latino, ma come lingua viva, parlata in una versione moderna, semplificata. Ricordiamoci che Il latino è ancora in parte la lingua franca del cattolicesimo e buona parte del patrimonio culturale occidentale, e quindi europeo, è scritto in latino. Ridare vita al latino, come veicolo di comunicazione internazionale, non è affatto una utopia. Lo si è fatto per l’ebreo in Israele e lo si può fare per il latino a livello europeo e, come conseguenza, a livello mondiale. Ma bisogna volerlo, volerlo ardentemente ed investire i fondi necessari per riuscirci. Il latino del XXI secolo dovrebbe essere semplice, conciso,facilmente orecchiabile, malleabile, capace di formare o assorbire neologismi tecnici e scientifici da altre fonti. Ma ne vale la pena, mi si chiederà? Abbiamo già l’inglese, la lingua franca del mondo di oggi. Certo che ne vale la pena! Se l’Europa Unita vuole restare fedele ad una sua plurisecolare identità, ha tutto interesse a non scegliere l’inglese come lingua franca e come lingua di lavoro. L’inglese conta in seno all’Unione Europea non tanto perchè il Regno Unito ne fa parte, ma perchè la principale economia al mondo, quella statunitense, lo usa. Ma va sottolineato che il 70% degli europei di oggi parla una lingua neolatina.E gli altri europei come gli inglesi ed i tedeschi,pur parlando una lingua diversa, hanno anche loro nella tradizione classica greco-latina il loro punto di riferimento identitario. Questa è la vera matrice identitaria di ogni europeo ed il latino, o una sua forma modernizzata, potrebbe, anzi dovrebbe (ri)diventare il veicolo di comunicazione degli Europei. Il latino è una lingua che appartiene a tutta l’Europa,anzi al mondo, ma non ad un singolo paese. É veramente una lingua franca che mette tutti i suoi locutori alla stesso livello. Ecco perchè è da preferire all’inglese-americano, lingua madre di solo il 18% degli europei. Utopia? Nient’affatto! Fino a qualche anno fa era impensabile parlare di euro, come moneta comune europea.Oggi l’euro è una realtà in Europa ed a livello mondiale e nessuno si sognerebbe di tornare ad usare le lire o i franchi. Con i potentissimi mezzi di comunicazione di oggi, e con la loro capacità di incidere velocemente e profondamente sul pubblico, non ci vorranno decenni, ma solo pochi anni per rilanciare il latino come lingua d’uso quotidiano a livello europeo. Il Parlamento europeo dovrebbe dichiarare il latino sola lingua ufficiale.L’interpretariato si dovrebbe fare da una lingua nazionale in latino e viceversa ed i documenti dovrebbero essere tradotti in latino e solo la versione scritta in latino dovrebbe avere valore legale. Se questo avviene, cosa distinguerà fra venti anni un giovane europeo da un americano, da un arabo, da un cinese, da un indiano? Il saper parlare una lingua transnazionale comune, il latino. E tantissimi saranno allora anche altri popoli extraeuropei, che già parlano una lingua neolatina, a voler ritornare a parlare il latino. Si accusa, a ragione, l’Unione Europea da parte degli euroscettici di essere una semplice struttura amministrativa elefantiaca, senz’anima. L’europeo, se vuole sentirsi tale, ha due punti di riferimento imprescindibili: l’appartenenza alla tradizione giudaico-cristiana in campo spirituale ed al patrimonio culturale, legale e scientifico della tradizione classica greco-romana. Sul recupero di questi due capisaldi, su queste pietre angolari, deve definirsi e costruire la sua identità futura, aperta al dialogo ed alla differenza, ma cosciente del proprio patrimonio plurisecolare.Ogni cittadino dell’Unione Europea si sentirà veramente europeo quando sentirà i valori spirituali cristiani ed il retaggio filosofico, legale e scientifico della tradizione classica come parte integrante di se stesso.Diventerà naturale allora usare una forma reiventata di latino, il veicolo che combina queste due componenti della sua identità millenaria. L’Europa parlerà al mondo con una voce comune, che conterà, solo se avrà una lingua comune, il latino, in cui tutti i cittadini si riconoscono e che appartiene a tutti i cittadini ed a nessuno stato in particolare.E pluribus unam Europam!
Filippo Salvatore, Concordia University, Montreal | News ITALIA PRESS
http://www.newsitaliapress.it/pages/dettaglio.php?id_lnk=3_148534


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