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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 5/9/2024 ● Click 543

"La fabbrica brucia", tra lavoratori, sindacati e contrattazioni, l'intervista all'autore Sorella


Redazione FPW © FUORI PORTA WEB

Inossidabile delegato Fiom”, così è definito Antonio Isidoro Sorella nell’articolo del Corriere della Sera (12 febbraio 2024), redatto da Paolo Coccorese in occasione della presentazione del libro “La fabbrica brucia” a Torino, pubblicato dallo scrittore guglionesano.

Da Guglionesi, borgo del Molise adriatico passato durante gli anni Settanta dalla vocazione agricola a quella operaia in particolare con la presenza dello stabilimento FIAT a Termoli, il viaggio in treno di Antonio Isidoro Sorella verso il Piemonte non fu solo, come per ogni speranza del Meridione racchiusa in una valigia, l’assunzione in una grande fabbrica del nord, ma un confronto sociale tra realtà culturalmente diverse. Una parte importante della storia di vita di Antonio, nel mondo operaio e nella tutela sindacale, riemerge dalla lettura del suo libro.

La redazione di Fuori Porta Web ha intervistato l’autore del libro “La fabbrica brucia”, per presentarlo ai lettori del blog in un breve dialogo tra il passato e il presente alla luce di un futuro incerto nel settore metalmeccanico.

Come presenterebbe l’autore Isidoro Antonio Sorella?
L’autore risulta determinato a perseguire l’obbiettivo prefissato, che è quello di dare conoscenza della realtà del mondo operaio e sindacale del secolo scorso.
Un'attività di ricostruzione dal basso della vita aziendale finora poco esplorata e consegna questa memoria storica, che è un evento non ripetibile, alle nuove generazioni.

Invece, come presenterebbe il suo libro in una scuola?
La fondazione ISMEL si sta interessando a contattare alcuni istituti tecnici della città di Torino per presentare più che il libro la storia del movimento operaio e sindacale nella città, dove massima è risultata la cultura industriale nel secolo scorso. Ci ho pensato, se andrà a buon fine, avrò una platea che è nata nel nuovo secolo, non devo fare didattica ma portare conoscenza e, come dice mio nipote diciassettenne, da me consultato, bisogna essere stringati, andare dritto al punto senza fronzoli.
Farò una lezione comparata tra cosa succedeva il secolo scorso e cosa succede in questo.
Si può invitare i ragazzi a pensare che prima c’era l’assunzione a tempo indeterminato oggi il tempo determinato è dominante, specie i primi anni, chiediamoci quali cambiamenti provoca. Pensare che oggi la tecnologia ha soppiantato il lavoro manuale (sto parlando in generale) vuol dire che l’utilizzo dei sistemi informatici per un aspirante lavoratore deve essere un requisito essenziale così come la lingua inglese. Ed altro ancora.

Il titolo del libro, la scelta?
La scelta del titolo mi venne in mente quando stavo catalogando i documenti e, nello specifico, stavo rileggendo gli appunti di Giovanni Gaude che ha descritto puntualmente ciò che era successo quel giorno di agosto del 1989 e i giorni a seguire. Nello specifico dopo aver spento l’incendio si mise a telefonare a tutti quelli rintracciabili che erano in ferie, non c’erano ancora i telefonini e allora si faceva sponda con le famiglie, cioè si avvisava la famiglia perché avvisasse il lavoratore. Quei giorni stavo in ferie con altri due delegati della Fiom e relative mogli in Corsica, quando Sergio Melchiori andò a telefonare a sua madre per dirgli che andava tutto bene lì in Corsica, la madre gli disse che doveva tornare a Torino perché la fabbrica era bruciata, così ci riferì e noi sorridendo lo prendemmo in giro perché ci pareva impossibile. Ci siamo auto convinti che non era vero che “la fabbrica brucia”. E invece sì, era tutto vero e più di 100 lavoratori tornarono in fabbrica sospendendo le ferie. Noi tornammo dopo il 15 agosto e visto tutto quello sfacelo, ci sentivamo tremendamente in colpa perché noi, rappresentanti dei lavoratori, stavamo tranquillamente il ferie mentre altri rimettevano a posto la baracca.

Il libro si sviluppa in due parti, attraversando l’incendio della fabbrica nel 1989 si racconta la parabola di una delle tante aziende a gestione multinazionale. Oltre la cronaca di una media azienda del torinese…
La fabbrica e lo dice la parola stessa, fabbrica qualcosa, nel nostro caso fabbricava fanali per auto. Il fanale è un dispositivo di sicurezza e ogni fanale per marca di auto deve essere omologato dal ministero competente, esso deve rispondere a certe caratteristiche, come la visibilità di notte e di giorno, il colore a secondo dell’azione che il guidatore intraprende il tutto per segnalare a quello che sta dietro cosa si intende fare. Se si guarda un fanale degli anni sessanta esso era quasi sempre un rettangolo, se guardiamo quelli di oggi sono “stilizzati” e seguono la conformazione della carrozzeria quindi sono più complessi. Mi interessava far conoscere dall’interno una media fabbrica da che inizia il suo percorso in un garage di via Aosta a Torino fino alla sua chiusura avvenuta nel sito di Grugliasco nel 2005. In questo lasso di tempo sono successe molte cose, si è cambiato 4 volte il sito produttivo con tutte le problematiche che ne seguono. Sono cambiate le tecnologie che da quasi tutte manuali sono divenute quasi tutto automatizzate. Sono cambiati i materiali di produzione, si sono avvicendate tre generazioni, quelli nati negli anni 30/40, quelli nati negli anni 50/60 e quelli nati negli anni 70/80 tutte che si sovrapponevano per un periodo di tempo, con concezioni ed esigenze diverse. Anche il sindacato si modificato nel tempo, prima commissione interna (C.I.) poi consiglio di fabbrica (CdF) e infine rappresentanza sindacale unitaria (RSU). Da ultimo le proprietà: Aimone Altissimo che l’ha fondato, la multinazionale americana ITT che lo ha rilevato, poi ancora è subentrata la multinazionale italiana Rigamonti e ancora la multinazionale italiana Seima ed infine la Magneti Marelli che l’ha chiusa.
Tutto ciò interasce dentro il luogo di lavoro e crea, se incanalato, il senso di appartenenza che se lo si vuole vedere, lo si riscontra benissimo nella foto di copertina. Ecco mi interessava parlare degli “ultimi” di quelli che ogni tanto i media fanno vedere davanti ai cancelli di qualche fabbrica in crisi, con le bandiere rosse in mano e il groppone in gola perché non vedono il futuro.
In questo caso la storia ha preso una piega diversa per le azioni che hanno messo in atto insieme ai loro rappresentanti.
Io non potevo esimermi dallo scrivere questa storia perché ho studiato la loro storia dall’inizio dell’avventura fino al 1985, sono stato poi eletto loro rappresentante nel 1987 fino alla fine avvenuta nel 2005, ho creato presso il Polo del ‘900 di Torino il “fondo Isidoro Antonio Sorella - Consiglio di fabbrica Altissimo archiviando tutti i documenti inerenti che negli anni ho raccolto e, schedandoli, mi è passato davanti agli occhi tutto il divenire di questa fabbrica.

Nel libro si avverte il sostegno di autorevoli studiosi sulla storia del lavoro in Italia. Nel panorama delle pubblicazioni, emerge la carenza di una certa letteratura autenticamente vissuta e scritta da protagonisti del mondo del lavoro, dal cuore di una fabbrica?
Già quando stavo archiviando i documenti e li sintetizzavo sulle schede più di una volta ho avuto il plauso degli archivisti che controllavano come stavo andando, per me era relativamente semplice poiché i documenti fino all’85 li conoscevo già perché su quelli dopo averli archiviati come “archivio del consiglio di fabbrica Altissimo” li ho utilizzati per la composizione della mia tesi, gli altri documenti che ho accumulato fino al 2012 in prevalenza li avevo scritto io perché ho ricoperto il ruolo delegato Fiom/Ggil dall’1987 al 2012 consecutivamente. Si giunse così a fare alcune riunioni coi responsabili degli istituti di ricerca, tutti erano concordi nello scrivere un libro su questa insolita esperienza non sapendo da dove iniziare ho chiesto un tutor che mi desse una mano a strutturare il libro poiché io non ero in grado farlo da solo. Con il sociologo Giancarlo Cerruti impostammo il racconto, dapprima mi chiese di leggere il libro di Antonio Pennacchi “Mammuth” che parla della fabbrica dove egli lavorava ed era delegato ma pur avendo letto il libro “non avevo visto la fabbrica” a me interessava che chi leggeva il libro avesse la visione della fabbrica e del suo procedere nel tempo. Alla prima presentazione, quando il libro era solo on line, tra i relatori c’era Stefano Musso, docente di storia contemporanea e uno dei massimi studiosi della storia del movimento operaio, che ne parlò in modo lusinghiero tanto che successivamente fece una recensione sulla rivista quadrimestrale “Sindacalismo” edito da Rubbettino Editore e successivamente si rese disponibile a scrivere la prefazione al libro.

Lei è laureato in…?
Scienze politiche con indirizzo storico, laureato con una tesi in storia del sindacato il titolo è:
Ristrutturazione produttiva e contrattazione aziendale negli anni ’80, l’azione del consiglio di fabbrica “Altissimo”.

La docente della sua tesi di laurea spinge nella pubblicazione, come ricorda la circostanza? La raccolta e la catalogazione dei documenti sindacali. La stesura narrativa del libro si avvale dei contenuti d’archivio?
Successe che la mia docente Dora Marucco, che sporadicamente frequenta il Polo del ‘900 a Torino, ha saputo casualmente che un suo laureando aveva presentato un libro on-line e un fondo archivistico al Polo, telefona alla fondazione Nocentini, dove lei nel 1988 aveva depositato la copia della mia tesi e dà il suo numero di telefono alla responsabile Marcella Filippa dicendo che voleva parlarmi. Così le ho telefonato e mi ha invitato a casa sua, dopo una lunga conversazione che ha toccato vari temi, di botto mi dice che aveva letto il libro apparso on line e aveva apprezzato l’archivio che avevo fatto con tutti i documenti che avevo accumulato in 25 anni. In modo molto perentorio mi dice che non poteva finire lì bisognava che la gente sapesse che c’era questo fondo e la cosa migliore era scrivere un libro, ma l’ho già scritto rispondo, no, c’è bisogno di un libro fisico e devi fare in modo di farlo conoscere il più possibile, io ti darò una mano per renderlo leggibile; ecco, devi semplificare gli argomenti tecnici, devi metterci delle foto, delle vignette, devi stare sotto le 200 pagine, mi raccomandò, e così fu, il 13 settembre ho la nona presentazione a seguire altre.

L'editore ha subito condiviso il tema?
La cosa più difficile è trovare un editore. Come altri ho spedito il file del libro a molti editori senza avere neanche una risposta. L’editore Baima & Ronchetti l’ho trovato una mattina mentre giravo in via Roma a Torino dove c’era l’iniziativa dei “portici di carta” che si ripete tutti gli anni. In questa occasione editori e librai mettono bancarelle lungo tutta la strada di via Roma che è porticata ed è lunga oltre un chilometro.
Giro per le bancarelle vedo Catia, che conosco, ha una libreria vicino casa mia e gli chiedo se conosce qualche editore, mi indica quello a fianco, suo amico, me lo presenta gli spiego il tutto e mi dice di mandargli il file del libro. Era interessato, così facemmo il contratto di li a due mesi dove si diceva che inizialmente avrebbe stampato 500 copie di cui 300 a suo carico il rimanente a mio.

Le belle immagini fotografiche del libro, un supporto al lettore contemporaneo per vivere o rivivere il clima. Come è cambiata una fabbrica metalmeccanica nel corso della vita in stabilimento?
Oltre ai documenti, ho archiviato anche le foto che avevo trovato e altre che abbiamo fatto negli anni, così su indicazione della mia docente ne ho inserito qualcuna, ho inserito anche alcune vignette che erano riportate nel nostro giornalino di fabbrica e alcune copertine del giornalino anch’esso archiviato.
La fabbrica, come si diceva cambia, cambia l’organizzazione del lavoro da “linea” a “isola”, cambiano le tecnologie da prevalentemente manuale a prevalentemente automatizzate, cambia anche pulizia sui luoghi di lavoro quindi il pavimento da cemento a verniciato, indicatori di direzione strisce pedonali, cartelloni sulla qualità del prodotto, ecc. Sicuramente migliorata da un punto di vista estetico, non già perché l’imprenditore è diventato più buono me perché studi sull’organizzazione hanno rilevato che lavorare in ambienti puliti l’operaio rende di più, fa meno scarto e si fa meno male. In Fiat viene chiamata Word Class Manufacturyg (W.C.M.)

Vent'anni di contrattazione e mobilitazioni in una media impresa torinese con lo sguardo dal basso. C’è un argomento latente nella pubblicazione?

Il rapporto con il sindacato esterno, volutamente ne faccio poca menzione perché nelle grandi organizzazioni dove il cambiamento ha bisogno di una stressante liturgia dove difficilmente si muove qualcosa. Mentre in fabbrica devi decidere subito sulla base delle richieste dell’imprenditore o delle tue richieste.
Per esempio lo straordinario a compensativo obbligatorio è stato attuato in Altissimo dal 1981, esso rispondeva all’esigenza di non permettere che ci fossero lavoratori che stavano a casa in cassa integrazione ed altri che facevano straordinario, cosa che peraltro succede ancora oggi.
Ad una necessità aziendale di produrre un dato articolo anche il sabato si era d’accordo a condizione che si retribuisse solo la maggiorazione spettante per lavoro al sabato al lavoratore e questi aveva l’obbligo dia stare a casa un giorno entro un mese ,così facendo il lavoratore che restava a casa in compensativo lasciava il posto ad uno che è in cassa integrazione Il CCNL introdusse il compensativo volontario nel 1996.l’organizzazione sindacale per unificare un po’ tutti diceva “blocco dello straordinario al sabato con presidio ai cancelli”non sempre i cancelli erano presidiati e non sempre i lavoratori autonomamente si astenevano al lavoro al sabato, così l’azione non incideva per ciò che doveva servire.

Fuori dai cancelli di una fabbrica, il potere operaio tra etica del lavoro e difesa della fabbrica. Quale il messaggio alle nuove generazioni?
La fabbrica che ho descritto appartiene al ‘900, certo ci sono ancora degli strascichi ma non c’è dubbio che la sociètà verrà soppiantata dalla società dei servizi. Quando ha chiuso una fabbrica dove lavoravo nel 1978 ero un operaio specializzato, ho messo una inserzione sulla stampa: aggiustatore stampista ventisettenne offresi, mi sono arrivate circa 30 richieste ed io selezionandole una per una ho preso quella che soddisfaceva di più.
Credo che allo stesso modo le nuove generazioni devono far si che la loro preparazione sia la più ampia possibile in modo tale da avere la possibilità di scegliere i lavori che più li soddisfa.

Cosa pensa delle attuali vicende Stellantis in rapporto all’operaio del terzo millennio?
L’operaio del secondo millennio era il cosiddetto “operaio massa” prevalentemente venuto dalla campagna, senza o con poca istruzione, il suo lavoro nelle fabbriche era monotono ripetitivo e mal retribuito. Imperversava il “fordismo”, sempre la stessa operazione in un tempo breve di alcuni secondi, dopo aver preso coscienza dello sfruttamento sistematico, anche perché erano in prevalenza nella stessa condizione, essi si coalizzarono intorno ai loro rappresentanti e scoppiò “l’autunno caldo” nel 1969. Quest’azione provocò nella società una forte richiesta di cambiamento e come una palla di neve che va giù da un pendio si ingrossava e trascinava tutto con sé, quindi si ebbe da parte sindacale lo “statuto dei lavoratori”, i sindacati metalmeccanici si unirono intorno alla sigla F.L.M. (federazione lavoratori metalmeccanici). Da un punto di vista sociale si ebbe la legge sull’interruzione della gravidanza, la legge sul divorzio, la riforma del diritto di famiglia e altro ancora. Questa valanga si arrestò davanti ai cancelli di Mirafiori e la valanga si squagliò come neve al sole nel 1980. Intanto la fabbrica cambiava, nuove tecnologie, nuova organizzazione del lavoro all’operaio massa non gli si chiedeva più di usare solo le mani ma anche la testa a parità di condizione. I successivi decenni hanno visto il declino della Fiat che passando per F.C.A. e adesso con Stellantis hanno insieme avuto sempre lo stesso problema: carenza di investimenti in ricerca e sviluppo,assenza di visione industriale di medio-lungo periodo; ne segue che anche il personale del terzo millennio segue il declino dell’industria nonostante abbia più competenze e più scolarizzazione e segue il destino della fabbrica o meglio le decisioni di un amministratore delegato che ha uno stipendio 1000 volte quello di un operaio

La nostra realtà locale, nel Molise adriatico, ha vissuto della potenzialità di uno stabilimento come la FIAT dagli anni Settanta attivo nel territorio. L’invecchiamento, lo spopolamento, la denatalità sono la causa e nel contempo l’effetto di una classe operaia che svanisce anche in contesti come il nostro?
Come diceva qualcuno le fabbriche non durano all’infinito, la fabbrica di Termoli è nata perché ci furono incentivi statali che rendevano conveniente allocazione in Molise, oggi con la riduzione delle produzioni l’aumento del costo del lavoro dovuto anche solo a seguito degli aumenti del contratto e dell’anzianità di servizio non è più remunerativo e quindi dapprima si riducono i costi con l’espulsione di mano d’opera poi si arriva al punto che il fatturato viene superato dalle spese fisse, si chiude e si alloca in altri siti dove il costo del lavoro è minore. Quindi non è questione di denatalità o invecchiamento o spopolamento ma puramente economico. Fintanto che le aziende non si assumono la responsabilità sociale delle loro scelte assisteremo sempre più a questo modo di fare perché come diceva qualcuno “il capitale non ha frontiere”.

Dalla sua lunga esperienza, da emigrato, da operaio, da militante FIOM, da studioso, da archivista e da testimone-scrittore, quale consiglio di vita lascerebbe all’avvenire di un giovane di questa terra molisana?
Come dicevo prima gli anni ’70 sono stati una vera rivoluzione culturale, ed io c’ero avevo 20 anni ed ero in una grande città industriale a seguito di ciò ho pensato che dovevo diplomarmi e se ci riuscivo anche laurearmi. Dopo l’Ottanta le cose sono cambiate rapidamente, chi aveva preparazione stava al passo, chi no era risucchiato nel precariato. Oggi siamo andando verso una società post-industriale, società dei servizi genericamente detto laddove il servizio è portare una pizza ad un tavolo o quantificare l’acqua che ci vuole per irrigare un pescheto in tempi di carestia idrica.
La conoscenza fa la differenza.

Concludiamo con una curiosità del libro. Si dice che ogni libro è un dono al lettore, per sempre. Alla prima esperienza di scrittura, la dedica del libro è “a mia moglie, Maurizia”. Quindi, concludendo l'intervista...
Mia moglie, come me è stata rappresentante Fiom per gli impiegati dell’Iveco del 1975 al 2009, quindi conosce tutte le problematiche sindacali e umane di una fabbrica.
L’approvazione per questo mio scritto, quindi, deriva da una sua esperienza ultradecennale. Ha quindi condiviso con me tutto il periodo dell’archiviazione del materiale presso il Polo del ‘900 a Torino, durato quattro anni, la successiva stesura del libro e non ultimo la dedica deriva dal grande affetto che ho voluto dimostrargli.

Per informazioni sul libro contattare l'autore: isidorosorella@gmail.com


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