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EventiGuglionesi
Pubblicato in data 14/5/2024 ● Click 271

Salone internazionale del Libro 2024, reportage 10 maggio: incontro con Giobbe Covatta


Giorgio Senese © FUORI PORTA WEB

Giobbe Covatta
Torino 10 Maggio 2024
"Il commosso viaggiatore" edito da Giunti

Tic-Tac, l’appassionato attivista con più tic di tutto il sistema solare; Angelo Franchi, figura mitologica, metà uomo e metà telecamera; Provolazzi, produttore esecutivo con un’insana passione per l’ornitologia; Tom-Tom, la guida più inutile di tutto il continente dai tempi di Livingstone; Paola, l’autrice chiamata dagli africani Mama Paùla; e Giobbe: sono i magnifici sei, sempre pronti a partire quando dall’Africa giunge un invito per andare a conoscerla e a raccontare qualche tessera del suo straordinario mosaico.

Il “Commosso viaggiatore” è il decimo libro scritto a due mani da Giobbe e sua moglie Paola, un omaggio all’esperienza di più viaggi in africa che hanno cambiato la vita di entrambi.
Come dice Giobbe, l’africa è enorme, 9000 km x 9000 km, e non è una sola.
“I bambini che hanno attraversato il suda a piedi durante la guerra, hanno percorso la distanza tra Oslo e Catania, rendetevi conto delle distanze”
Se vai a visitare le grandi città come Johannesburg o città del Capo, le trovi caotiche e molto simili a quelle occidentali, ma l’africa vera, quella di cui parla Giobbe, è quella rurale, povera e piena di contraddizioni.
La presentazione del libro viene fatta da Giobbe insieme con sua moglie e accompagnati da Enzo Iacchetti.
I due sono amici, ed Enzo definisce Giobbe su fratello maggiore, anche se in realtà lui è più grande di età.
Insieme a Giobbe è andato in africa ad aprire pozzi in occasioni diverse e ne condivide l’aspetto umanitario.
Paola, la moglie di Giobbe, resta in silenzio “Io sono di pochissime parole, preferisco scrivere”.

Il libro, secondo Giobbe, “salva la vita e costa molto meno di una assicurazione!”.
Enzo ne legge alcune pagine e subito si capisce che è spassosissimo, ma tra le risate rimane l’amaro in bocca nel constatare le situazioni di degrado e povertà, come quando le mamme impediscono ai bambini di giocare a pallone, perché poi “gli viene fame!”.
Esilarante poi è l’incontro con il capo tribù e la necessità di avere dieci traduttori e venti minuti di tempo per dire “buongiorno!”.
Il capo tribù ha un cappello in testa come anche tutti gli altri componenti del villaggio.
Ma il suo è più grande degli altri perché è il capo.
Immaginate però la sorpresa quando la troupe capisce o “sente” che i copricapi sono fatti di escrementi umani, perché gli insetti, attirati da essi, evitano di pungere il loro portatori. “Eh! Iamm belle, è proprio una tribù di merda!”.
Giobbe e il suo gruppo, dopo tanta fatica e tanto tempo, riescono a far capire che sono lì perché hanno scelto quel luogo come location per il loro nuovo film.
Enzo legge:

Questa affermazione ha scatenato un entusiasmo travolgente, tutti quanti si sono messi a ballare anche se loro in realtà, non ballano ma saltano a piedi nudi più in alto possibile per cui c'era un enorme numero di ghiandole mammarie che sfidavano la forza di gravità e consistenti organi sessuali maschili che oscillavano pericolosamente in ogni dove.
In quel momento passa una capra e il capo villaggio ha guardato la capra, la capra ha guardato il capo villaggio e ha pensato tra sé “che brutto presentimento!”.
Infatti, il capo tribù ha preso la capra e l’ha messa sul fuoco.
La capra si è molto offesa per quel tipo di comportamento e ha cominciato a belare, dopodiché il capo tribù ha staccato una coscia dalla capra e me l’ha offerta e io ho pensato che fosse ancora un po' cruda visto che continuava a belare, ma non ho detto niente per non urtare la sensibilità dello chef.
Dopo abbiamo bevuto un miscuglio verdognolo, non ho idea di cosa fosse e non importa perché tanto non lo voglio sapere.
Quindi abbiamo fumato un'erba che cresceva spontanea tutto intorno e non era male.
Questi sono selvaggi ma non sono scemi!
Abbiamo cantato e ballato fino all'alba tutti quanti, ci siamo procurati contusioni e lesioni tra mammelle assassine e pericolose clave umane che si agitavano a suon di musica.
All’alba dopo questi momenti di terribile pericolosità, il capo tribù ha alzato lo scudo e la lancia e si sono fermati tutti. È venuto verso di me, mi ha guardato dritto negli occhi con aria marziale, anche se la sua marzialità veniva messa in discussione dalla montagna di merda che aveva sulla testa e in nome del suo popolo e con una infinità di traduzioni disse: “Adesso noi siamo felici che tu sia venuto da noi a fare un film, ma che cos'è un film?”

Il libro è una lettera di amore e gratitudine nei confronti di un’esperienza di viaggio che ha cambiato per sempre la vita di Paola e Giobbe ed è un libro che accetta la sfida più ardua: condividere la commozione di fronte alle diseguaglianze e alle ingiustizie di cui noi uomini siamo capaci, condividere una rivoluzionaria risata di fronte a ciò che, ahimè, non fa ridere per niente.


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