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Pubblicato in data 6/2/2024 ● Click 387

La modernità politica


Luigi Sorella © FUORI PORTA WEB

Ho incontrato e conosciuto di persona il prof. Antonio Paolucci a Rimini (il suo luogo di nascita) al termine della lectio magistralis "Assisi, il cantiere dell'utopia. Storia di un restauro" [guarda il video], allorché presentò, nel ruolo di Commissario governativo, il restauro - quasi già completo - della basilica papale di San Francesco, dopo il devastante terremoto del 1997 in Umbria.
Fu l'unica volta che frequentai il "Meeting dell'Amicizia", sul finire dello scorso millennio, attratto dal richiamo di quella lectio in programma nell'ambito delle mostre culturali e partecipando all'incontro insieme alla mia futura moglie e a due cari amici di sempre, Antonio e Felice.

Nel tempo mi ero "nutrito" culturalmente di molte letture dell'ex Ministro ai Beni Culturali Antonio Paolucci, spesso divulgate dalla rivista "Luoghi dell'Infinito", allegata mensilmente al quotidiano della CEI Avvenire, il quale nella versione digitale ieri, nell'annuncio della sua scomparsa, ha omaggiato il già Direttore dei Musei Vaticani di un elogio al carisma intellettuale:

"In un paese come il nostro in cui tanti, troppi si riempiono la bocca dell’eccellenza del patrimonio culturale per poi svilirlo a scenario da parata o a merce di scambio, c’è davvero da rimpiangere la scomparsa di Antonio Paolucci, avvenuta ieri a Firenze all’età di 84 anni, figura che ha sempre saputo coniugare la straordinaria competenza di storico dell’arte a una altissima visione civile, una fusione resa possibile dalla consapevolezza di cosa significhi davvero la parola “civiltà” [continua al link AVVENIRE]

Il quotidiano online Avvenire, inoltre, ieri ha pubblicato la lectio magistralis che Antonio Paolucci, scomparso a 84 anni, ha tenuto nel 2017 in piazza Duomo a Siena.
Alcuni passaggi sono emblematici della testimonianza di "civiltà" per i riferimenti riverberati ovunque, con le opportune differenze ma con identica anima generazionale pur modellata dal tempo che volge il proprio destino alla "perfetta didattica della visibilità".

[...] "Palazzo Pubblico e il Buon Governo
Del resto i senesi avevano un’idea incredibilmente moderna della politica e del governo. Entrando nel Palazzo Pubblico troviamo gli affreschi di Ambrogio Lorenzetti, uno dei grandi artisti del Pantheon pittorico italiano. Ebbene, nella Sala dei Nove del Palazzo Pubblico laddove Ambrogio Lorenzetti ha dipinto i suoi affreschi del Buon Governo, negli anni trenta del Trecento, Siena e Ambrogio Lorenzetti hanno affermato e messo in figura un concetto e un’idea straordinariamente moderna, l’idea cioè dell’invisibilità, della pratica irrilevanza di chi concretamente gestisce il potere e, per contro, la perfetta didattica visibilità degli effetti del loro governo. Non è tanto importante sapere chi ci comanda, chi ci governa – vuol dire Ambrogio Lorenzetti negli affreschi della Sala dei Nove in Palazzo Pubblico –, non è importante quello, non è importante conoscere le facce e i nomi di quelli che ci governano. L’importante è vedere gli effetti che la loro amministrazione porta nella città.

Solo la città che noi abitiamo può dirci se le strade sono sicure e le campagne ben coltivate, se l’economia tira, se la città è prospera, operosa e felice, se i malfattori finiscono sulla forca. Questo dice Ambrogio Lorenzetti negli affreschi del Buon Governo e allora significa che il governo è buono; se succede il contrario, se la corruzione e l’anarchia dominano sulla città, se i partiti si dilaniano fra di loro, se trionfa la malavita, allora invece vuol dire che il governo è cattivo.
È davvero moderna questa riflessione sul governo che fa Ambrogio Lorenzetti negli anni trenta del Trecento. Oggi siamo abituati a dare una faccia, un nome a chi ci governa, ma invece bisognerebbe non badare tanto ai nomi e alle facce, come suggerisce Ambrogio Lorenzetti, dimostrando una straordinaria modernità. Gli affreschi del Buon Governo sono un capolavoro di arte, ma anche di dottrina politica. Non è importante sapere chi sta al governo, a quale partito appartiene, se è di destra o di sinistra, l’importante è vedere come funziona la città, se le cose vanno come devono andare. Allora il governo è buono.

Infatti entrando nella Sala dei Nove (il cui nome fa riferimento ai nove che rappresentavano la magistratura elettiva, che nella Repubblica oligarchica senese tenevano protempore il potere esecutivo), si vedrà che i Signori Nove praticamente non si vedono, hanno una minima visibilità, non interessano, interessa piuttosto la città di Siena sotto la loro amministrazione e gli affreschi sono uno specchio, un monito di buona o di cattiva politica: questa era la modernità politica dell’antica Siena [...]" [continua al link AVVENIRE].


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