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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 28/5/2021 ● Click 695

La scomparsa delle classi sociali


Arcangelo Pretore © FUORI PORTA WEB

E’ un dato di fatto che le Classi sociali non sono più socialmente definibili , sono scomparse , diluite nell’ampio mare dello spazio sociale dei luoghi su cui insistono gli aggregati umani, siano essi paesi, città, nazioni . Una scomparsa che sarebbe piaciuta a Karl Marx, poiché con queste anche l’antagonismo di classe : classe operaia avverso la classe padronale ; una lunga storica contrapposizione di cui oggi restano come pallidi simulacri gli officianti professionalizzati del “caro estinto” ( molti di loro , impropriamente istituzionalizzati - sono associazioni - il loro ruolo lo svolgono o lo hanno svolto praticamente a vita), ovvero i chierici dei sindacati e di quel che resta dei partiti storici . Allora, a quei tempi, sì che gli emuli “di Don Sturzo , di Longo e Berlinguer , le masse le rappresentavano in modo organico ( in senso gramsciano) . Scomparse le Classi non si è risolto il conflitto, in modo subdolo , sotterraneo e spiazzante ( nel senso che non impegna più le piazze con le sempre meno riproponibili prove muscolari ) l’antagonismo si è perfino accentuato e, camaleontico , si è reincarnato in due nuove fluide formazioni antagoniste : i dominanti ed i dominati. Invero nel complesso mare del lavoro c’è il vasto comparto degli autonomi , all’incirca un terzo della forza lavoro in Italia ; imprenditori che apparentemente non hanno padroni , benché anche loro fanno capo ad un diretto super dominante padrone : il mercato , la cui stretta dipendenza è stata drammaticamente messa in risalto proprio durante il periodo pandemico : un tempo grigio che ha visto le chiusure forzate di molti settori del terziario ; attività , quasi ogni giorno sotto l’attenzione dei mezzi di comunicazione per le insostenibili penalizzazioni dovute all’azzeramento della domanda, che hanno indotto una drammatica diseconomia di settore prima sottostimata poiché imprevista e forse imprevedibile che ha messo a dura prova l‘esercizio di tante fragili attività terziarie autonome . Il rapporto tra dominanti e dominati , semplificando , è riconducibile a due categorie sociali definite , da : coloro che contano e coloro che non contano ; coloro che sanno e coloro che ignorano ; coloro che hanno gusto per le cose del mondo ( e di genere) e coloro che non ne hanno. Volutamente ho enfatizzato in primis il contare -nella sua doppia accezione del vocabolo - poiché è più facilmente riconducibile a coloro che hanno il denaro cash, subito spendibile, e coloro che ne hanno una disponibilità limitata o non ne hanno . Poiché il limite incerto , sempre mobile , tra dominanti e dominati è provvisoriamente fissato e si misura mettendo in campo le molto distanti possibilità di consumo dei due “schieramenti” ; una dominanza oggi ostentata , ma non “guerreggiata “, tuttavia ancor più antagonista di ieri . La classe subalterna che in passato speranzosa aveva inneggiato al Sol dell’Avvenire per realizzare in Terra il comunismo ( ovvero una società senza classi e quindi di conseguenza senza la proprietà dei beni ), avendogli , l’Imperialismo oramai globalizzato e iperdominante , saggiamente e liberalmente accordato , come il biblico ricco Epulone , le briciole della ricchezza mondiale ha permesso , almeno ad Occidente , di raggiungere mediamente un benessere che può dirsi perfino soddisfacente (in vero, Il riuscito e consolidato mix pubblico privato dell’economia dei più progrediti Stati- nazione ha aumentato il reddito medio pro capite, ha reso fruibili e universali i servizi sanitari, ha allungato la speranza di vita media ; con le proteine nobili dovuto all’aumentato consumo di carne ha innalzato la statura media degli italiani , con la scolarizzazione di massa ha quasi debellato l’analfabetismo ) . Purtroppo con ingenuità , forte della relativa sua mutata capacità di consumo la classe dominata si è messa a rincorrere e a scimmiottare sullo stesso terreno , il consumismo del ristretto gotha dei ricchi invece di continuare, inutilmente ,almeno ad Occidente a sognare con messianica attesa lo screditato comunismo già realizzato . Un uniformismo di facciata , quello del libero accesso ai consumi , accolto con superiore accondiscenza se non con riprovazione dai dominanti, i pochi che invece sono ricchi di fatto, i quali rilanciando hanno adottato un inarrivabile stile consumistico d’alto bordo . I primi infatti possono avere lo yacht ormeggiato al porto di Ischia , i dominati no ; i primi possono avere eventualmente una seconda residenza alle Baleari , loro no. Gli uni , passando alla settima arte , possono preferire “ , il visionario “ “L’angelo Sterminatore” di Bunuel o, del medesimo regista , fate voi “ Bella di giorno”, gli altri un dozzinale film holliwoodiano; i dominanti , La Sinfonia n° 40 di W. Amadeus Mozart , i dominati , magari l’Orietta Berti del “ fin che la barca và “. Chiedo venia per le arbitrarie citazioni, a confronto , sono evidenti forzature , spero di qualche utilità , per rimarcare le distanze socioculturali tra le nuove classi emergenti . Ma a non volere essere generici sulla spropositata crescita delle disuguaglianze è bene riflettere su alcune cifre che di tale ingiustizia economica danno debito conto . L’industria dell’auto impegna nel settore in Italia circa 1,25 milioni di addetti , la spesa dell’ex Fiat, per stipendi e salari ammonta a 27 miliardi di euro , il fatturato del settore è di 344 miliardi di euro , il 20% del Pil ; detratto il gettito fiscale di 76,3 miliardi ( 2019), la differenza sostanzialmente è da ripartire tra costo di produzione e profitto ; le conclusioni vanno da sé . Si evince da un semplice confronto dei dati come un’ élite di dominanti incassi larga parte dei profitti . Senza entrare in merito della complessa gerarchia dirigenziale delle grandi aziende e dell’azionariato , entrambi beneficiari dei profitti , delle cedole, delle munificenze del comparto . Per avere un’idea della scandalosa asimmetria tra chi possiede la ricchezza e spesso è nel contempo percettore anche dei redditi più esorbitanti è opportuno mettere a confronto le cifre dei compensi dei dirigenti aziendali apicali con le retribuzioni di un lavoratore di media fascia . E, per validare il vertiginoso aumento oggi della disuguaglianza è illuminante portare ad esempio quello del recordman alla guida di Unicredit Andrea Orcel che percepisce un compenso annuo di 7,5 milioni di euro . Non oso neanche calcolare quante volte lo stipendio medio annuo di un comune lavoratore “dominato “ stia in quella cifra ! ( Fonte : il Sole 24 ore , 18 aprile 2021, l’Espresso , 18 aprile 2021 ). Il dato , con altri altrettanto esorbitanti , in merito si tenga conto degli spropositati compensi delle star dello sport e dello spettacolo . Sono tali compensi di qualche utilità per dar conto di quanto sia a dismisura aumentata in termini di ricchezza posseduta la distanza che separa i ricchi dai medi detentori della ricchezza della nazione. Il centile superiore ( l’1%) degli italiani detiene all’incirca il 20% della ricchezza della nazione ; con qualche stacco , più o meno alla stessa stregua di quel lo 0,7 % ( circa 35 milioni) della popolazione umana che detiene il il 44% della ricchezza mondiale . Cifre messe in campo per sottolineare quanto oggi sia scivolata in basso la classe media ( ma se ne sarà accorta?) e quanto la disuguaglianza economica ( e l’ingiustizia sociale ) sia oggi aumentata anche In Italia . Secondo la stima di Credit Suisse , altra fonte accreditata, la quota di ricchezza detenuta nel 2014 dall’1% più ricco degli italiani era del 21,7% della ricchezza totale della nazione E, in concomitanza, è preoccupante rilevare di come in modo criptico sia aumentato l ‘antagonismo tra dominati e dominanti , il quale , invece di acuirsi nella società e uscire allo scoperto si è stemperato e perfino mitigato , riassorbito in parte da un apparente liberalismo che nell’accesso al consumo teoricamente sembra porre democraticamente tutti sullo stesso piano . In fondo tutti possono competere liberalmente per accedere all’acquisto di oggetti o ai servizi di maggior benessere individuale e familiare . C’è che le disponibilità economiche della nutrita schiera massificata dei dominati per tanti è ferma sulla soglia di chi non ce la fa ad arrivare a fine mese oberato dalle spese , dal mutuo della casa da pagare, da quel 30 % di figli giovani in età lavorativa di fatto disoccupati . Nell’attuale società dei consumi , da approfondite ricerche sociologiche risulta che l’appartenenza sociale si gioca sostanzialmente su tre “capitali” : Il capitale economico, che dipende in larga parte dalla lotteria della nascita; il capitale culturale e di orientamento sociale che ancora una volta dipende dal background familiare e, infine , ma non per ultimo , dal capitale relazionale sociale che scaturisce , si forma e si consolida coniugando con efficacia primi due . Come si è prima rilevato l’attuale organizzazione dello Stato attraverso i suoi servizi universali garantisce un certo benessere che ha mitigato se non eliminato lo sfruttamento più bieco , attenuato dall’uso delle, comunque alienanti tecnologie , ma anche da una interessata “ gentilezza” premiale all’interno dei luoghi di lavoro ; quest’ultimo aspetto del premio aziendale rappresenta un espediente economico aggiuntivo che comunque, in modo fiduciario di fatto incrementa la produttività del lavoro . E, se lo sfruttamento , che vedeva nel tardo ottocento i lavoratori delle miniere impegnati per dodici ore a lavorare seminudi in condizioni ambientali pietose non è più riproponibile ; oggi il discrimine si è spostato dall’inumano sfruttamento del passato a quello più fine dell’esclusione sociale , per censo ,per cultura , per la scarsità delle relazioni sociali importanti , stabilendo, di fatto, però per pudicizia , senza esplicitarlo , il limite spesso invalicabile tra dominanti e dominati poiché l’ascensore sociale da tempo è bloccato proprio dalla sinergica cogenza combinata dei tre aspetti che sottendono l’occupazione di un determinato spazio sociale . Da ciò ,di conseguenza, discende che una rideterminata “classe ” oggi è definita dal modo in cui viene PERCEPITA , nonché dal suo modo di essere, dal suo comportamento sociale . Ed è probabilmente tale esclusività di appartenenza ai dominanti che determina l’esclusione; pertanto è all’interno dell’approccio consumistico che si gioca l’attuale perdurante e rinnovato antagonismo sociale ; una partita in cui : “ il gusto , in quanto padronanza pratica del modo in cui si distribuiscono le varie proprietà – i tre capitali – che consenta su sentire e presentire ciò che probabilmente si verificherà o non si verificherà , e in modo inscindibile , di sentire o no affinità con un individuo che occupa una determinata posizione nello spazio sociale , funziona come una specie di senso dell’orientamento sociale , per cui indirizza coloro che occupano un determinato posto nello spazio sociale verso le posizioni sociali consoni alle loro “proprietà “: economiche intellettuali e di relazionalità sociale” , da : La distinzione, Pierre Bourdieu, Il Mulino, Bologna . Per essere più espliciti , nel nostro attuale tempo post moderno, post fascista, post comunista tale critica del gusto estetico si esplicita meglio richiamando quanto scritto dal su citato sociologo : “ Le prese di posizione oggettivamente e soggettivamente estetiche , ad esempio la cosmesi del corpo , l’abbigliamento o l’arredamento della casa costituiscono altrettante occasioni per provare o per affermare la posizione che si occupa nello spazio sociale come rango sociale da conservare o distanza sociale da mantenere “ D’altronde se lo status , almeno ad Occidente lo fa il censo , il sapere individuale , familiare e dinastico i poveri , non avendo una congrua capacità di consumo, oramai sono del tutto inutili , possono perfino fisicamente sparire come accade a coloro che dalle squassate carrette del mare dalla Libia tentano l’approdo alle nostre coste ; in molti , nullatenenti , mettendolo in conto in partenza , disperati annegando , sprofondano miseramente nelle acque del Mediterraneo . L’esempio nostrano che afferisce ad un'altra discriminante povertà , quella culturale , è rappresentata da coloro che, in questo sciagurato periodo pandemico , per paura , per poca meditata scelta rifiutano il vaccino ; lo fanno o per timore di remotissime complicanze post vaccinali o perché diffidenti ( è di recente accaduto in Campania che in tanti non si siano presentati per ricevere la seconda dose del vaccino AstraZeneca ) . Costoro , se infettati, privi un’ adeguata preventiva copertura vaccinale rischiano davvero di morire a causa del Coronavirus , com’ è accaduto a quei circa cinquecento deceduti in più rispetto ai circa 1500 decessi quotidiani attestati correntemente in precedenza in Italia , decessi che in una successione ininterrotta di giorni nel nostro periodo pandemico più tragico ( all’incirca la primavera del 2020) hanno destato scalpore soprattutto per la disperante e toccante solitudine con cui troppi malati se ne sono andati . Allo stesso tempo lor signori: politici, referenti istituzionali , super ricchi , volti noti dello schermo… certo che si fanno vaccinare ; anzi , nel farlo fanno sfoggio anche del non necessario passaggio mediatico, il quale oltre a riaffermare con l’adesione al protocollo la loro visibilità, indirettamente in modo aggiuntivo gli stessi vip ci avvertono , ci segnalano, che qualora qualcosa dovesse andare storto, loro troveranno sempre un modo altro per cavarsela .


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