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Pubblicato in data 27/1/2021 ● Click 694

"GIORNO DELLA MEMORIA" (27 GENNAIO 2021)


Comune di Guglionesi © FUORI PORTA WEB

Il Comune di Guglionesi informa che, presso la Sala consiliare, si è svolta la celebrazione del “Giorno della memoria”, alla presenza del Sindaco di Guglionesi, Mario Bellotti.
Nel rispetto delle disposizioni normative per il contrasto al contagio Covid-19 e in assenza di pubblico, all’evento hanno partecipato: Stefania Addesa (assessora), Carmela Minchillo (assessora) e Giorgio Gagliardi (Associazione Arci “F. Iovine” di Guglionesi).

Come anticipato nella comunicazione del Sindaco di Guglionesi - divulgata nella giornata di ieri -, accogliendo l’istanza ricevuta dall’ANPI-Molise e su proposta culturale anche dell’Associazione Arci locale, nel “Giorno della memoria 2021” l’Amministrazione comunale ha assunto l’impegno per l’intitolazione allo scrittore Primo Levi del “Palazzo Massa”, sito in piazza XXIV maggio a Guglionesi.
A memoria, la poesia introduttiva al libro "Se questo è un uomo" di Primo Levi, letta durante la celebrazione dell’Assessore ai Servizi sociali del Comune di Guglionesi (Carmela Minchillo), sarà esposta permanentemente in loco (cfr il video della cerimonia).

L’edizione 2021 del “Giorno della memoria” ha registrato l’assenza delle scolaresche, per motivi di sicurezza nel contrasto alla diffusione della pandemia in corso.
L’assessore ai Servizi scolastici del Comune di Guglionesi, Stefania Addesa, per l’occasione ha inviato il seguente messaggio alle studentesse e agli studenti.
“"Ciò che è accaduto, può ritornare, pur assurdo e impensabile che appaia", scrive Primo Levi. Dobbiamo evitare con tutte le nostre forze che tali aberrazioni si ripresentino, ed è per questo che mi rivolgo soprattutto ai giovani, affinché si facciano carico di costruire una nuova coscienza umanitaria, sia in ambito europeo che mondiale, allo scopo di rifuggire dalla guerra dall'odio razziale e dal fanatismo, sia esso religioso che politico. Ai ragazzi oggi è fondamentale dire che porsi domande, farne e farsene tante, così da arrivare poi anche a quelle giuste, provando e sbagliando, è la base per sviluppare una coscienza critica, uno sguardo sul mondo che non sia soltanto assoggettato a quello che vogliono gli altri. Genitori compresi. Parlare del nazismo e di quello che ha provocato vuol dire anche questo: cercare la propria individualità vuol dire non focalizzarsi su un solo punto di vista, ma ampliarlo. Da questo si generano un fiume di valori importanti come la tolleranza, che non deve essere mai dimenticata per poter vivere in equilibrio con sé stessi e con gli altri. Spesso quando si parla di Shoah si usa, a ragione, il termine orrore. E i racconti dei sopravvissuti, di chi dai campi di concentramento come Auschwitz è riuscito a sopravvivere e non ha mai edulcorato la verità. Parlare di Olocausto vuol dire anche e soprattutto parlare di morte. Ma non solo: anche di speranza. Di solidarietà e di supporto reciproco. Di piccole comunità che si formavano nelle stanze dei campi di concentramento voluti da Hitler per epurare il mondo dalla razza corrotta e far emergere solo quella ariana. Parlare di Shoah vuol dire ripercorrere le storie di chi ha portato fino a noi ciò che è stato: dai 6 anni in poi il racconto della Giornata della Memoria può partire tra i banchi sui libri e poi snodarsi fino a casa, in un dibattito che genitori e figli possono e devono alimentare perché parole come morte, orrore, paura odio razziale sono i cardini di questo pezzo terribile di storia. Shoah vuol dire parlare di speranza. La speranza di chi non ha mai rinunciato a credere che ce l'avrebbe fatta nonostante ciò che vedeva intorno. I racconti dei sopravvissuti come Liliana Segre, oggi senatrice a vita ma un tempo tredicenne in un campo di concentramento, puntano molto su questa parola. Nel suo caso, la paura di non riuscire a sopravvivere l'ha spinta, invece, a tramutarla in fantasia: “Avevo scelto, quasi in modo automatico, bestiale, irrazionale, in fondo ero ancora una bambina, e nello stesso tempo in modo maturo, vecchio, ottuagenario, in fondo ormai tale ero diventata, avevo scelto di non essere lì, perché era la realtà intorno a me che era inaccettabile. Avendo scelto la vita, ho sempre scelto la vita e anche adesso che sono vecchia scelgo la vita. Non potevo accettare la morte intorno a me e quindi avevo scelto di non vedere. Avevo scelto di essere una stellina” (Liliana Segre)”.


Per maggiori informazioni:
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