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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 27/12/2018 ● Click 1023

L'agricoltura locale: dal latifondo all'attuale democrazia della proprietà


Arcangelo Pretore © FUORI PORTA WEB

Con la corrente prassi consolidata della Democrazia costituzionale anche il nostro paese rispetto all’ Istituto della proprietà privata ha mutato pelle . Se agli albori del “secolo breve” Guglionesi abbondava di riveriti “don” ; i ricchi così introducevano il loro casato , ed erano tali, non solo perché appartenenti alla borghesia locale, ma soprattutto perche proprietari di cospicue proprietà terriere affidate a servizievoli “ massari “ , date a mezzadria , in affitto, enfiteusi , a conduzione mista ; spesso , anche gestite in proprio . In genere i possidenti non abitavano in campagna ; taluni, forse, vi soggiornavano nel periodo estivo ; abitualmente risiedevano nel borgo , nei loro palazzi, alcuni , ancora oggi ben conservati , eretti sulla parte più elevata del paese : “il Portello “ . Ciò accadeva all’epoca in cui, i braccianti senza terra , gli uomini di fatica locali, i contadini poveri … in tanti abitavano il territorio , disseminati nelle masserie sparse delle contrade di Guglionesi o abitavano in altrettanto sparse più modeste case coloniche. E, nelle condizioni di accentuata miseria materiale , abitavano le improvvisate costruzioni di creta impastata con la paglia a giro di mulo, costruite , palmo a palmo, con le proprie mani dai contadini : abitazioni, quest’ ultime, in cui solo le tegole della copertura a tetto provenivano da alcune fornaci locali un tempo operanti in paese in C.da Cettelle, in C.da Sterparone . La maggior parte della popolazione attiva in agricoltura ( censimento del 1951) era stimabile intorno al 73,0% degli addetti , su una popolazione di 8060 abitanti che insisteva su un comprensorio territoriale di 10.073 ettari della quale, poiché funzionali al tema , enucleo solo gli attivi poveri dediti all’ agricoltura : 250 erano braccianti nullatenenti, gli affittuarie mezzadri nullatenenti erano 70 , i piccoli proprietari 116 ; disaggrego la componente povera che lavorava la terra dal resto della popolazione attiva poiché costoro attraverso ripetuti sommovimenti di massa hanno avuto un ruolo determinante nel rendere indifferibile la Riforma Agraria proposta dall’allora ministro per l’Agricoltura Antonio Segni . All’epoca al di fuori del lavoro nei campi non vi erano tante altre scelte occupazioni possibili ; infatti, l’industria nel Molise languiva: appena l’8.7 % degli addetti e, non allettante si presentava il terziario , appena il 17.3 % degli occupati . pertanto gli occupati erano in prevalenza gente dei campi che in modo diffuso in parte abitavano il territorio anche se la maggior parte dei contadini, dei braccianti , dei lavoratori giornalieri abitavano il borgo e al mattino dal paese si portavano sul posto di lavoro e a sera , rientravano nell’abitato . In paese , i braccianti,i contadini … risiedevano in gran parte in abitazioni spesso fatiscenti : costruzioni basse con l’ammezzato in genere adibito a stalla per il ricovero degli animali da fatica : un locale con la mangiatoia spesso lustrata dal sevo per l’ involontario strofinio degli animali , con il posto per l’ accumulo e la conservazione della paglia, che aveva la duplice funzione di servire da lettiera per gli animali e da foraggio per gli stessi , soprattutto nel periodo invernale, quando il fieno era scarso o era finito .Un angolo della stalla fungeva da legnaia : il posto in cui accatastare la legna , indispensabile per alimentare il camino sia d’inverno che d’estate , perché è bene ricordare che nel nostro passato ( non tanto remoto!) la legna, prima della realizzazione della rete di metanizzazione , era l’unico combustibile per far bollire il paiuolo per la pasta, per ottenere i carboni ardenti per cuocere il sugo o la carne sul fornello grigliato o contemporaneamente per far cuocere sul treppiedi le altre vivande ( è ancora oggi possibile osservare nei camini familiari la catenella a cui si appendeva il paiuolo per far bollire l’acqua ), com’è ancora oggi possibile sentire, tra il serio e il faceto , l’espressione “ i ppas u callar” ,: una metafora per dire : è mezzogiorno, è tempo di provvedere alla cottura della pasta ! Le case della gente comune , in genere avevano un unico piano in cui la massaia , la famiglia tutta svolgeva la sua vita quotidiana ; cui, spesso si accedeva da una scala esterna “ u pujj” che smontava su un pianerottolo di invito alla porta d’ingresso che immetteva direttamente nei pochi, semplici ambienti : la cucina , spesso solo un angolo cottura rialzato associato al camino con la credenza , in parte a vetro con le stoviglie buone in bella vista , la cassapanca per conservare il pane , i fichi secchi, cacio , farina e poche altre derrate alimentari e la stanza da letto . Quando l’abitazione si limitava ad un unico vano , un pesante tendaggio teso da muro a muro divideva l’ambiente, separando la parte a giorno dal reparto notte; uno spazio spesso risicato in cui , costretto, trovava posto un comò , il letto, ed una o più brandine per i figli ( all’epoca la promiscuità era diffusa ) . Le case delle persone più agiate avevano in genere una rampa di scale ( interna al robusto portone d’ingresso , talvolta ornato da un pretenzioso portale ) che a raso smontava su un pianerottolo che immetteva in più stanze , vani che meglio organizzavano e separavano gli ambienti diurni dalle stanze da letto e spesso avevano anche un tinello per la prima accoglienza . Non c’era l’acqua corrente in casa bensì una giara di coccio, credo , della capacità di due barili che serviva per gli usi quotidiani correnti; sotto il lettone grande trovava posto il vaso da notte che prima della comparsa della botte di Bi* e C* atta al ritiro dei liquami ( la botte all’alba passava nelle tre strade principali del centro storico ancora nel 1958 !), pare , che l’orinale “ u rnnal” venisse sversato direttamente sull’acciottolato della strada ( come avveniva nel medioevo ) . Questo rapido spaccato di vita paesana dell’immediato dopoguerra ( Seconda Guerra Mondiale) , credo , possa essere utile per inquadrare il tema che mi ero prefisso e che coniugo a tinte più forti : “la fame di terra” nell’immediato dopoguerra ; poiché è noto alla sociologia urbana come le condizioni abitative di un aggregato abitativo spesso sono lo specchio delle condizioni economiche dei suoi abitanti che a loro volta sono dipendenti dal lavoro : l’una riproduce o produce l’altra . Per la conquista della terra e per ottenere condizioni di vita ( anche abitative ) più dignitose nel periodo 1948-1950 furono tante le manifestazioni di nullatenenti, braccianti , contadini poveri infervorati e ben organizzati da Roberto Barberio ( segretario della Camera del Lavoro del Basso Molise) che frcero registrare una partecipazione numerosa di manifestanti in molti paesi de e sproporzionata fu la repressione delle forze dell’ordine voluta e ripetutamente sollecitata tramite i prefetti dall’allora Ministro Scelba ( ci furono morti tra i braccianti che manifestavano in diverse località : a Torremaggiore , S. Severo , Lentella a Modena … ). Molti furono gli arresti tra i protestatari nel Molise; a Larino venne arrestato insieme ad alcuni manifestanti anche il Barberio ; intimidazioni che tuttavia non riuscirono a sedare gli animi ; anzi , i tumulti per la conquista della terra con maggiore intensità e vemenza già da tempo tenevano impegnate le forze dell’ordine anche in molti paesi della Capitanata, in Lucania, in Sicilia. Anzi il propagarsi della protesta in altre regioni , visto il crescente malcontento soprattutto delle popolazioni del Meridione , spinse i politici a varare la Riforma Fondiaria ( 1950) che porterà nel 1951 all’assegnazione delle terre incolte del demanio e all’esproprio delle terre dei latifondisti. Il criterio per l’esproprio si basava sul possesso da parte dei grandi proprietari , su tutto il territorio nazionale , di una proprietà che superava i 300 ha di superficie coltivabile . All’epoca parte dell’aristocrazia terriera locale , temendo il peggio ( la confisca dei beni incolti o mal coltivati ) ha preferito cambiare aria , con destinazione : Napoli, Roma, Bologna , vendendo i terreni di proprietà in parte o in toto e reinvestendo i capitali nella speculazione edilizia che nelle città, sostenuta dal volano del comparto industriale che iniziava finalmente a decollare e a creare un relativo benessere , assecondando la “fame di case” anche indotta dalla concomitante” fuga dai campi “ ampliava in modo disordinato e a dismisura le periferie urbane . Oggi dei fasti borghesi ( spesso solo fantasie campanilistiche, buone per favoleggiare di un passato luminoso, che forse, non c’è stato) del primo novecento guglionesano restano i vuoti palazzi padronali e poco più . E’ invece più marcatamente storia sociale quella che documenta le molteplici manifestazioni per la conquista della terra che si sono svolte in molti comuni del Basso Molise che ha visto protagonisti i braccianti senza terra, i piccoli proprietari , reduci che avevano combattuto in diversi fronti durante la Seconda Guerra Mondiale , superstiti delle disperse Armate del Re che chiedevano un risarcimento per quanto patito durante la guerra ( ex combattenti talvolta trattati perfino in famiglia come superflui redivivi che reclamavano il posto lasciato prima di partire soldato in un contesto oramai anche economicamente mutato , spesso riluttante a riaccoglierli ) . Quest’ ultima fu una delle ragioni concomitanti unitamente alla necessità della ricostruzione post bellica del tessuto sociale che spinsero il legislatore a mettere in cantiere la Riforma Agraria . La lotta per la riforma fu all’epoca un punto di forza per il PCI che vide la sinergica aggregazione di braccianti e contadini poveri sotto la guida a Guglionesi della combattiva Diamante Rocchia ( “la signorina Rocchia “ che , generosa , ha donato il locale di sua proprietà all’ex sez. PCI , oggi circolo PD). Nullatenenti che più volte marciarono per l’occupazione delle terre con l’opposizione della Federazione Nazionale della Coltivatori Diretti ( fondata da Paolo Bonomi ) che rappresentava una grande forza sindacale in grado di condizionare la politica locale ( era emanazione della DC) , all’epoca guidata in Molise da Vittorino Monte , in seguito deputato DC che all’opposto si adoperava per la riorganizzazione della proprietà fondiaria , non per la sua disgregazione . Innovatore per l’attenzione e la sensibilità concreta dimostrata verso i diseredati e i più deboli della società fu il vescovo di Larino Oddo Bernacchia che tanto si adoperò nel periodo post bellico per risollevare la loro condizione . La legge di Riforma Agraria del 1950 che istituiva l’Ente Riforma ha coinvolto in Molise 13 Comuni : S. Martino, Portocannone , Campomarino ; Guglionesi ; S, Giacomo, Termoli … in cui , i senza terra ottennero l’esproprio di 4.781 ha . A Guglionesi sono stati espropriati 134 ettari dai corpi aziendali di Carlo D’Avalos e Leone Domenico, in prevalenza nelle contrade Cavallina e Malecoste ; la superficie effettivamente poi assegnata fu di 126 ettari ( ciò fa presumere che ,dopotutto, i grandi proprietari a Guglionesi non fossero molti e che la proprietà era già discretamente frammentata all’epoca della Riforma agraria ) , mentre le unità produttive costituite con l’appoderamento furono 17. Le domande per l’ assegnazione dei terreni furono in totale 437 di cui 251 prodotte da braccianti nullatenenti , 70 da affittuari e mezzadri nullatenenti e 116 da piccoli proprietari. L’assegnazione di poderi a braccianti nullatenenti furono a Guglionesi 6 su 17 . L’appoderamento non fu a titolo gratuito , bensì per ogni podere venne stabilito un prezzo al valore corrente di mercato del terreno espropriato , con un indennizzo trentennale da parte degli assegnatari . riporto al riguardo , per esemplificazione un estratto di un documento tipo : “ con atto rogato dal notaio* la Sezione Speciale per la Riforma Agraria vende e trasferisce a G.d,E * in applicazione alle Leggi n°230 e n°841 del 1950 l’unità produttiva di ha 6.35 di superficie al prezzo di 1.438.000 lire da corrispondersi in trenta annualità posticipate per un’unità produttiva “ . Tuttavia, se la Riforma agraria ha dato impulso ad una ridistribuzione delle grandi proprietà ( peraltro molto limitata a Guglionesi rispetto a Campomarino e ad altri Comuni limitrofi : da noi ha interessato solo l ‘1.33% del suolo coltivabile) , a incrementare fortemente la disgregazione dei medi patrimoni fu l’ obbligo da parte dei Coltivatori Diretti di versare i contributi assicurativi all’INPS che di fatto ha messo in sicurezza soprattutto i coltivatori anziani che a conclusione delle attività lavorativa potevano vedersi riconoscere una pensione e non dovevano dipendere più dalla benevolenza dei figli per il loro sostentamento , come spesso accadeva in passato ; oppure , erano costretti a vendere porzioni di proprietà per garantirsi la vecchiaia ed eventualmente la cura in malattia . Il S.S. Nazionale che favorì la sicurezza sociale dei lavoratori nasce con la legge 833/78 , successiva all’assicurazione obbligatoria INPS per i Coltivatori diretti . A seguito delle Riforme menzionate le quali hanno dato un forte impulso al welfare italiano , così come a nostra tutela lo abbiamo conosciuto in passato ( e come a poco a poco lo vediamo picconare oggi legislatura dopo Legislatura ) hanno portato all’attenuazione se non al superamento di consuetudini locali che prevedevano una forte diversificazione nella distribuzione della proprietà tra i figli all’interno delle famiglie dei proprietari locali. Beni immobili più o meno accentrati nelle mani del “pater familias” con l’ingiusto privilegio nell’acquisizione di beni familiari accordato ai figli maschi e soprattutto al primogenito che nel coniugare le due condizioni ( l’essere maschio e primogenito ) continuava il nome della stirpe. Era diffusa tra i proprietari la consuetudine di privilegiarlo nella successione dei beni attraverso donazioni in vita ( la disponibile ) lasciando agli altri eredi, alla morte del “ de cuius” , spesso , solo la quota di legittima; una prassi atavica storicamente dettata dal principio di cautela dei genitori preoccupati per il proprio sostentamento nella vecchiaia. Ma la garanzia sulla progressiva maturazione della pensione legata ai contributi versati ha fatto giustizia di tale palese ingiustizia attraverso l’assegnazione delle pensioni, nelle diverse tipologie erogate, compresa la pensione di invalidità ; un sostegno economico quello derivante dalla pensione , che a mio parere , ha consentito una distribuzione più democratica della proprietà terriera . Pertanto da noi non fu solo l’Istituto della successione in sé a livellare la trasmissione della proprietà privata all’interno delle famiglie proprietarie bensì ha pure influito in modo significativo l’affrancarsi dal mantenimento dei genitori da parte dei figli , condizione che ha reso moralmente più equi i genitori rispetto ai beni loro trasmissibili . Nella nostra comunità d’appartenenza si son dovute avvicendare due generazioni per ridistribuire ( quando posseduti ) i beni di famiglia in modo democratico in accordo con quando già 150 anni fa aveva constatato in America Alexis de Tocqueville nella sua opera fondamentale :” La democrazia in America “ ; l’autore, infatti , così scriveva : ”l’opera di distribuzione operata dal sistema di successione è quasi terminata e se ne possono studiare i principali risultati ; a sessant’anni di distanza l’aspetto sociale è irriconoscibile ; le famiglie dei grandi proprietari sono state quasi tutte assorbite dalla massa : i figli di quei ricchi cittadini “. E, nello spirito dell’Illuminismo che aveva ispirato il suo viaggio in America il perspicace economista in un altro passaggio del testo ci mostra come tale parità abbia direttamente comportato un sostanziale progresso morale e sociale; infatti scrive : ” fu la legge sulla successione che fece fare l’ultimo passo all’uguaglianza. Quando la legge di successione impone l’uguale ripartizione dei beni del padre tra i figli essa distrugge l’ultimo legame esistente fra lo spirito familiare e la conservazione delle terre ; la terra cessa di rappresentare la famiglia ed i beni non solo cambiano padrone ,ma anche di natura perché si frazionano in frazioni sempre più piccole” . Aggiungo che gli stessi beni vengono compartecipati nel matrimonio ai coniugi dei figli che talvolta in proprio non apportano beni e, pertanto tale estensione patrimoniale di fatto opera un’ulteriore ridistribuzione degli stessi . Come non essere d’accordo con A. de Tocqueville che lungimirante vedeva realizzato molto tempo fa in America ciò che solo di recente si è concretizzato qui da noi, E, al riguardo , un po’ malignando , mi viene il dubbio che l’Istituto della successione paritaria presso la nostra comunità abbia oggi più piena attuazione perché la terra e l’agricoltura in Italia , specie nella nostra regione , così poco remunerativa , oggi è diventata la cenerentola dell’l’economia facendo transitare, dal punto di vista dell’organizzazione produttiva e sociale il nostro paese , in poco meno di settant’ anni , dalla combattiva “fame di terra “ alla desolante fuga dai campi . Colgo l’occasione per augurare buona vita a tutti i lettori del blog.
Arcangelo Pretore


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