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Pubblicato in data 15/12/2017 ● Click 1341

Concorso di poesia dialettale ‘A Paranze: premi alla Scuola Secondaria di Primo grado


Omnicomprensivo IOG © FUORI PORTA WEB

Altro riconoscimento per gli studenti dell’Omnicomprensivo di Guglionesi, premiati nella XXVIII Edizione del Concorso di poesia in vernacolo molisano “San Pietro Apostolo” di Termoli, organizzato dall’associazione culturale ‘A Paranze per le scuole Primarie e Secondarie di Primo grado e patrocinato dal Comune bassomolisano. La cerimonia di premiazione, presentata da padre Enzo Ronzitti, ha avuto luogo il 7 dicembre 2017 alle ore 16,00 presso il Centro ricreativo della locale parrocchia alla presenza dei giovani poeti di varie scuole molisane e delle loro famiglie. Anche quest’anno diversi gli allievi della Scuola Secondaria di I grado di Guglionesi che hanno partecipato al Concorso guidati dai rispettivi insegnanti di Lettere, che li hanno stimolati a diventare piccoli poeti dialettali della scuola dell’obbligo. In particolare, si sono aggiudicate il primo posto Alessia Cesari e Federica Pace della classe I B con la poesia “U problem de ress sa sctasse” (Il problema di essere se stessi), una riflessione sulle difficoltà del periodo adolescenziale, l’insicurezza e il timore di non essere accettati dagli altri, e l’alunno Marco Ciliberto della classe III B che ha ottenuto il terzo posto con la poesia “U timbe” (Il tempo). SegnaIati, inoltre, come meritevoli di menzione i componimenti poetici di Alexandra Zalischi “U vende” (Il vento) della classe III B e di Francesca Sisto “I vicchj” (I vecchi) della II C. I ragazzi, che hanno recitato i loro componimenti dialettali dopo la lettura del testo in Italiano da parte di padre Enzo, sono stati premiati alla presenza della sorella di Carlo Cappella, Prof.ssa Filomena Cappella, che ha ringraziato i piccoli poeti partecipanti all’omonimo Premio, perché custodi di un’eccellenza culturale per tutto il territorio molisano, sottolineando l’importanza di recuperare il valore del dialetto attraverso la poesia. Nel suo intervento, tra l’altro, la Prof.ssa Cappella ha ricordato ai presenti che fu lo storico Benedetto Croce ad affermare per primo quanto fosse assurdo vietare ad un autore di comporre opere in dialetto, una lingua minoritaria ma non secondaria, aggiungendo che non si tratta di un linguaggio “rozzo e incivile”, bensì di una lingua imparentata con quella nazionale. A seguire, la stessa ha recitato il sonetto termolese “Ave Maria”, composto dal compianto fratello, come tributo a una persona “che vive nel ricordo di chi l’ha conosciuto ed apprezzato le sue opere di triplice valenza artistica, poetica e storica”.

Meritevole d’attenzione anche il componimento della prof.ssa Adele Terzano che ha partecipato al medesimo Concorso nazionale - Sezione adulti, in questo caso giunto all’ottava edizione, con una poesia dedicata a M.eur Eduard Mancini Presidente onorario dell’E.I.P. Italia dal titolo N’ommene come ta (Un uomo come te).

Una grande lode meritano tutti i poeti in erba che hanno partecipato e un plauso va anche a Padre Enzo Ronzitti, che con passione contribuisce a mantenere vivo l’uso del dialetto mediante questo concorso.
La serata è stata allietata dai canti popolari del gruppo folcloristico ‘A Paranze, che ha coinvolto la platea dei presenti con suoni e ritmi della tradizione termolese.

I DOCENTI COINVOLTI
Laura Calvano, Osvaldo Caruso e Marianna Zarlenga

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U problem de ress sa sctasse
Sii ta sctasse peccà si uniche.
Quella vauce ca ni mment chiù brutte
t’assale e te renne dabbele e ‘ndefase,
ne l’ascultà. Sii ta sctasse.
Tu nen zi sbajete, nen penzà de
ress ugual a cacchedune
peccà si uniche.
Sii ta sctasse peccà si speciale,
nsciune te po’ cagné.
Nen te jetà n’derre, gurd semp annenze,
quanda chische… aregavezete.
Sii ta sctass, lass perd chi te toje ‘ngire,
peccà sciuvele coma sciuvel
l’acquaracce a soupra na fraunne
appen abbagnete.
Sii ta sctass peccà si uniche:
uniche pe’ nù!

Il problema di essere se stessi
Sii te stesso perché sei unico.
Quella voce che nei momenti peggiori
ti assale e ti rende debole e indifeso,
ignorala. Sii te stesso.
Tu non sei sbagliato, non pensare di
assomigliare a qualcuno che non
potrai mai essere perché sei unico.
Sii te stesso perché sei speciale,
nessuno ti potrà cambiare.
Non abbatterti, guarda sempre avanti,
quando cadi rialzati.
Sii te stesso, lascia perdere quell’offesa
perché scivolerà come scivola la rugiada
su una foglia appena bagnata.
Sii te stesso perché sei unico:
unico per noi!

CESARI ALESSIA PACE FEDERICA
CLASSE I B
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I VJCCHJ
Chjus, soul chj lor penzjr
ch facjasser
p ress vajun d’ajr.
N tenn voce, forz,
tanda delur,
ch l’ ucchj vujet de cleur.
Nu timb, z sendeven padr e
padrun,
chi cas e valeur
guj, z senden sule.
Sonn d pase a na famj e a na socetà
Tojn post a natra vann,
andò fenesc tutt cose.
Guerr e terrorism
a na cas e na famje
ecco qua.
Quast é cinism, quast è egojsm!

I VECCHI
Chiusi e soli con i loro pensieri
cosa darebbero per tornar
ad essere ragazzi di ieri.
Non hanno né voce, né forza,
ma tanti dolori,
con gli occhi vuoti di colori.
Un tempo, si sentivano padri e padroni,
con casa e valori
oggi si sentono soli.
Sono di peso alla famiglia e alla società
Prendono posto in altre realtà,
dove lì tutto finirà.
Guerre e terrorismo,
in casa e in famiglia,
eccoli qua.
Questo è cinismo, questo è egoismo!

SISTO Francesca
CLASSE 2 C
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U vènde
U vènde alleucche
tra i rame dell'albere,
ze porte tutte
i freunne
che ze posene ndèrre
pe z'arepese.
Ze porte che gasse
parole appène dette,
lacreme amare,
che sceuvelene mbacce;
t'arrebbeve e t'arenfrasche.
Porte chjeure addereuse
e resate
di gende cuendinde
e spenzerate
e delaure
di gende seule
e trescte.
Vènde me,
purte amaure
ma peure deloure!

Il vento
Il vento ulula,
tra i rami degli alberi,
porta via con sè
le foglie
che si adagiano a terra
per riposare.
Porta con sé
anche parole sussurrate,
lacrime amare,
che scendono dal viso;
porta con sè
anche sollievo e freschezza.
Porta petali di fiori profumati
e sorrisi
di persone gioiose
e spensierate
e dolore
di persone sole
e tristi.
Vento mio,
porti amore
ma anche dolore!
ZALISCHI ALEXANDRA
CLASSE III B
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U timbe
U timbe gh’è
a leuce da matene,
u nare da notte,
u passate che scappe,
u dimane che c’aspètte,
a premavère che pazzaje chi chjeure,
i iurne che passene,
i mesce, i sctaggieune
e l’anne che ze ne vanne
pazzeiènne.

Il tempo
Il tempo è
la luce del mattino,
il nero della notte,
il passato che fugge,
il futuro che ci aspetta,
la primavera che gioca con i fiori,
i giorni che passano,
i mesi, le stagioni
e gli anni che se ne vanno
giocando.
CILIBERTO MARCO
CLASSE III B


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