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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 23/10/2017 ● Click 1033

Il nuovismo, il politico rinascimentale e le scorciatoie populiste


Pietro Di Tomaso © FUORI PORTA WEB

Il libro del filosofo Michele Prospero (Il nuovismo realizzato. L’antipolitica dalla Bolognina alla Leopolda) è un volume approfondito, leggibile e gustabile, cfr. Huffpost Italia politica. Prospero passa alla critica del presente mettendo a nudo Matteo Renzi. Secondo l’autore Renzi agisce come un politico rinascimentale, che non ha una cultura delle regole e punta al potere per il potere. <<Il suo scopo è la vittoria sua e della sua fazione e perciò Renzi impone un conflitto distruttivo permanente, lo stesso della Firenze del Cinquecento contro il quale ha scritto pagine insuperabili Machiavelli. Per molti Renzi sarebbe un grande leader carismatico, il cui avvento si sarebbe atteso da tempo, in grado finalmente di portare alla vittoria la sinistra e l’Italia. Ma è davvero cosi’? Prospero risponde utilizzando le pagine di Max Weber, il grande sociologo tedesco che ha teorizzato il carisma, facendo vedere come Matteo Renzi non abbia nulla in comune con il leader carismatico. Quest’ultimo, in fatti, si forma nel partito e nelle istituzioni, luoghi nei quali dimostra le sue capacità di leadership, la sua cultura politica, la propensione a interpretare i fenomeni politici e sociali e a elaborare visioni profonde, solide. Per queste sue capacità il leader emerge e ascende alla guida per le caratteristiche sue e anche grazie per la capacità di selezione da parte del partito. Nulla di questo si troverebbe in Renzi. Scelto dai gazebo dopo che media e gruppi di potere economico compiacenti ne hanno costruito e supportato l’impresa, Renzi arriva da totale inesperto nelle stanze dei bottoni, senza neanche passare per un incarico parlamentare, un caso unico. Così egli ha letteralmente scalato dall’esterno il Pd trasformandolo in un partito personale, diretta espressione del leader al quale tutti ubbidiscono. Scarsa è la capacità di elaborazione politico-culturale di Renzi che già emergeva nel documento con il quale ha vinto il congresso, il quale spiccava, secondo l’autore, per il vuoto di proposta politica. In generale, nei discorsi e nei “documenti” di Renzi, alla rigorosa analisi critica dei fenomeni in corso, si sostituisce una misera banalizzazione fatta di slogan, luoghi comuni, frasi fatte, dove, per altro, abbondano cadute lessicali e persino lacune grammaticali che Prospero elenca puntigliosamente>>. Scrive ancora Prospero: <<La leadership di Renzi marcia con una esplicita rincorsa di stili populistici per coprire, con un nichilismo sorridente, la ragnatela degli interessi che la sorregge>>. “Secondo Michele Prospero il problema non è tanto Renzi, un politico che per le sue venature populistiche e per la vaghezza delle sue proposte, potrebbe indistintamente essere leader sia del M5s che di Forza Italia. Il problema è il partito della sinistra che perso il riferimento al lavoro, abolita, con la formula del partito della nazione, la sua funzione parziale e conflittuale, destrutturata la sua organizzazione, vaga verso l’estinzione. Un esito drammatico che, per Prospero, occorrerebbe invertire al più presto” (Francesco Marchiano, politologo).

Come scrive Eugenio Scalfari (domenica 21 ottobre 2017) in tutta Europa è in corso uno scontro tra democratici e populisti. Questi ultimi hanno avuto una crescita di rapidità impressionante e quantitativamente di notevole rilievo. In tutti i paesi d’Europa, a cominciare dalla Germania, dall’Olanda, dalla Spagna, dalla Grecia, dall’Italia. In Francia no, questa crescita non c’è stata. Un paese che gode della massima libertà ma con notevole distacco dall’eguaglianza sociale deve tuttavia tutelarne quel valore e viceversa. “Una libertà senza eguaglianza affida il bene comune ai gruppi più forti di quel Paese se invece è l’eguaglianza a trionfare e la libertà a scomparire siamo a un passo dalla dittatura come del resto è accaduto in Russia”. Con riferimento a Renzi, Scalfari chiude il suo articolo in questi termini: <<Ora deve scegliere tra ritorno all’idea del partito aperto e un organo di consultazione e di attuazione di quanto deciso, oppure populismo fino in fondo all’insegna del “comando io” e allora, come Grillo e Salvini, diventeremo il peggio del peggio>>. Aggiungo una riflessione di Nadia Urbinati (politologa)<<il dualismo destra/sinistra è stato un baluardo di protezione della battaglia politica dalle pulsioni identitarie, nazionaliste e fasciste. La fine di questa distinzione è stata favorita dalla sinistra stessa che, nel solco del blairismo ha sostenuto la desiderabilità di andare oltre la divisione destra/sinistra. Una iattura che ha preparato il terreno alla destra. Quanto danno abbia fatto alla democrazia la convinzione che destra e sinistra appartengano al passato. Di questa insana idea si approfitta la destra, che da parte sua non ha mai messo quella distinzione in soffitta>>.


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