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CulturaGuglionesi
Pubblicato in data 3/11/2016 ● Click 1509

Come mosche... [2]


Mario Vaccaro © FUORI PORTA WEB

L’altra volta ho fatto notare come la psicanalisi, la filosofia idealista e la fisica quantistica concordino tutte nel suggerire l’ineffabilità, oltre che del trascendente, anche di ciò che chiamiamo realtà che, in fondo, è a tal punto illusoria da rendere assolutamente pretenzioso l’appellativo che ci siamo attribuiti come specie: sapiens sapiens ... ma de che? La fisica quantistica si spinge oltre, arrivando a sbalorditive conclusioni circa la nostra coscienza: più che meri osservatori passivi della realtà materiale saremmo artefici della stessa, potendo interagirvi al di là dei vincoli spaziali o temporali: il bosone esiste se c’è un osservatore. Ma in attesa di una dimostrazione matematica attestante il nostro status di divinità, credo sia la letteratura ad aver fornito un quadro maggiormente suggestivo della realtà, e in particolare l’opera di Pirandello. Analogamente alla divinità, egli identifica l’uomo quale uno e trino. D’altronde l’etimo di persona deriva dall’etrusco “maschera”: dunque interpretiamo più ruoli. Ciascuno di noi vive una triplice dimensione, relativamente alla visione che si ha di se stessi, a quella che gli altri hanno di noi e a come crediamo di essere visti dagli altri: siamo UNO nel primo caso, CENTOMILA nel secondo e, ahimè, NESSUNO nel momento in cui ci si rende conto che chi crediamo di essere, ovvero la maschera a cui attribuiamo quelle fattezze con cui ci piacerebbe essere visti dagli altri, non è mai identica all’immagine che gli altri si fanno di noi. È, quest’ultima, una sensazione che ciascun individuo ben conosce. Questa rincorsa affannosa verso la costruzione di una “reputazione” assume poi una dimensione amplificata nell’era dei social: saliti sul palcoscenico, esterniamo opinioni su tutto per comunicare “questo sono io”, nella speranza che corrisponda al “sono come tu mi vuoi”.
Insomma, se il mondo è illusione, tutti noi pratichiamo l’illusionismo.

Ma questa è solo l’ampia cornice entro cui si colloca il problema che intendevo porre, che è di carattere ben più pratico, riguardando la quotidianità del nostro vissuto: ognuno compone un personale quadro della realtà attingendo a varie fonti di informazioni.
Occorre al riguardo premettere che stiamo vivendo un’epoca particolare. Il progresso tecnologico non segue un andamento lineare come quello culturale, ma esponenziale. A tal proposito c’e chi ha coniato la definizione di “legge dei ritorni acceleranti”: nell'ambito dell'evoluzione tecnologica ogni nuovo progresso rende possibili diversi progressi di livello più elevato anziché uno singolo e, coerentemente a ciò, ogni anno un maggior numero di invenzioni e scoperte utili vengono effettuate rispetto all'anno precedente (si è anche elaborata la teoria della singolarità tecnologica, una sorta di punto di non ritorno nello sviluppo della civiltà, coincidente col momento in cui il progresso tecnologico accelererà oltre qualsiasi capacità di comprensione degli esseri umani). Vabbè, congetture a parte, sta di fatto che la realtà in cui siamo immersi diventa sempre più incomprensibile.
E alla scarsa comprensibilità si associa la nostra impotenza ad interagire con la realtà. L’attualità evidenzia come la politica - dunque il popolo - sia stata esautorata da ogni responsabilità dacché le decisioni si adottano in altra sede, ovvero nella sfera economico-finanziaria. Ogni decisione motivata con un “ce lo dice l’Europa” va a scalfire la sovranità popolare, dunque la nostra capacità di incidere nella storia. E, paradosso nel paradosso, le uniche volte che si utilizza uno strumento di democrazia diretta quale il referendum, sarebbe a volte il caso di non ricorrervi. Si è visto con la Brexit, col nucleare, le trivellazioni ... fra poco con il prossimo referendum, che in futuro potrà magari avere ad oggetto decisioni sulle staminali o gli OGM. Al popolo si chiede di effettuare scelte dalle importanti conseguenze pur non avendo le conoscenze necessarie affinché questa sia pienamente consapevole, cosicché le opinioni degli individui non potranno che basarsi sulla pura suggestione, indotta xlo+ dai partiti in virtù di indicazioni suggerite per mero opportunismo politico. Sul referendum imminente, ad esempio, osservo sui social una generalizzata adesione al no. Da laureato in giurisprudenza, quindi (teoricamente) in possesso degli strumenti culturali specifici per giungere ad un’opinione ponderata, credo di poter escludere che la maggioranza degli italiani sia in grado di scegliere in piena consapevolezza ... a meno di voler sacrificare un po’ di tempo, merce rara per noi moderni, allo studio specifico della problematica. Non so voi che opinioni abbiate maturato di fronte, ad esempio, riguardo al nucleare. In TV ascoltai due esperti in materia che esprimevano tesi contrapposte e ... boh, a me pareva avessero entrambi ragione.

Ed è soprattutto in tema di fonti di informazione che stiamo vivendo un’epoca particolare.
Alla fine del secolo scorso siamo diventati la “società dell’informazione”: resa immateriale ed automatizzata, essa non è più ostacolata da spazio e tempo nella trasmissione, dunque prolifera a dismisura. Se la realtà è dunque narrazione, i narratori e le storie si sono moltiplicate fino all’inverosimile. Navigando sul web ciascuno di noi si imbatte in sirene di varia natura che tentano di sedurci col loro canto.
Finora scienza e tecnica ci hanno resi api e formiche: riguardo al sapere, in ossequio al cd. “riduzionismo”, ci è stata richiesta la specializzazione in singole branche del sapere; a sua volta il capitalismo, sull’assunto che il progresso nel lavoro si attua mediante la specializzazione delle mansioni, ci ha consegnati alla catena di montaggio (il cd. modello fordista). Oggi, tuttavia, è in atto una radicale trasformazione: una mole spropositata di informazioni si offre a chi voglia, mediante conoscenze/competenze trasversali, giungere ad una visione d’insieme della realtà. Insomma, “Dio è morto”, ma all’uomo si spalancano opportunità mai conosciute prima ... una nuova era, in cui il nostro sapere – e, di riflesso, la nostra visione del mondo – sarà oggetto di un cambio di paradigma. E la vera peculiarità, si badi bene, riguarda il carattere universale di questo cambiamento, poiché la trasversalità non è la classica novità introdotta da un’avanguardia culturale ma, provenendo dal basso, costituirà una vera e propria evoluzione. Invece, in tema di capitale e lavoro, per l’attualità qualcuno ha coniato la locuzione “economia della conoscenza”: dopo che l’algoritmo avrà fatto piazza pulita del lavoro manuale, non potremo che essere “knowledge worker”, cioè le nostre mansioni prevederanno un prevalente utilizzo dell’intelletto.

Ricapitolando, Gesù ci invita alla Conoscenza, e così Freud (quale necessario presupposto per la guarigione), Marx (la coscienza di classe quale presupposto per la conquista e l’esercizio del Potere da parte del proletariato), il bosone, l’economia ... beh, a dire il vero quest’ultima palesa due contrapposte esigenze a seconda dei ruoli sociali che ricopriamo: se dal lavoratore oggi pretende conoscenza, il cittadino lo gradisce “disinformato”. Nonostante questi abbia a disposizione un mare di informazioni e possieda una o più imbarcazioni per esplorarlo in lungo e in largo lo si vorrebbe, turista da crociera, affrontare itinerari sicuri suggeriti da una fantomatica agenzia viaggi. Pardon, ma la metafora è d’obbligo se si considera la navigabilità della Rete e l’Ulisse dantesco, navigatore per seguir la conoscenza, prototipo dell’uomo moderno che fa della sua conquista lo scopo dell’esistenza.
Tornando alla questione principale, come percepiamo i principali eventi dell’attualità - terrorismo, immigrazione ecc. - sulla base di quanto narratoci? Come già anticipato, per vagliare la veridicità della versione fornitaci dai mezzi di informazione occorre “indagare”. L’etimo della parola, che deriva dal solito latino, la dice lunga: dare la caccia. E sì, ché le versioni cd. ufficiali sono un’autentica giungla entro cui muoversi col machete e, liberandosi degli intralci, poter braccare il dato reale. Abbiamo, a tal proposito, un’arma efficacissima per cacciare la preda, ovvero l’intelligenza (alludo a quella speculativa, assumendo l’intelligenza molteplici forme). Anche in questo caso l’etimo viene in soccorso: leggere dentro o saper scegliere ... cioè discernere, saper valutare, in questo caso se quel che ci viene narrato è verosimile, attendibile (la celebre invettiva di PPP, “io so”, è al riguardo eloquente). Dunque, come fanno i veri giornalisti, occorre individuare le giuste domande da porsi.

Poco più che adolescente lessi un libro che in USA è stato un cult per la generazione del dopoguerra - e, inoltre, l’unico classico che le scuole USA prevedono nel programma - ma lo trovai tutto sommato deludente: “Il giovane Holden”. Un romanzo formativo, mi si diceva, ma in questo ragazzo - che, espulso dal college, decide di trascorrere tre giorni in giro per la Grande Mela prima di far ritorno a casa - non intravedevo particolari qualità. Fu solo in età matura che compresi quale fosse la dote di Holden. Al riguardo vi sono due passaggi importanti, sebbene all’apparenza insignificanti. A Central Park chiede al custode dove andassero le anatre d’inverno, quando il laghetto è ghiacciato; in seguito, alla domanda della sorellina su cosa gli piacerebbe fare da grande, le risponde: "quello che salva i bambini, afferrandoli un attimo prima che cadano nel burrone, mentre giocano in un campo di segale". Premesso che dal romanzo si evince una visione negativa del mondo adulto, dal protagonista giudicato “ipocrita”, nei due frangenti il ragazzo dà sfoggio della sua particolare attitudine alla vita. La sua dote è non fermarsi a contemplare la superficie della realtà, ma coglierne le più intime sfumature, scavare alla ricerca di quel che si cela dietro l’apparenza, itinerare il pensiero al di fuori delle strade già battute, avventurarsi in territori che dimorano oltre le convenzioni e le regole.
Nel nostro mondo così omologato, in cui crediamo a tutto ciò che proviene dall’alto, Holden resta un personaggio da emulare nonostante la sua non più giovane età ... e provo ad immaginare cosa si chiederebbe assistendo ad un TG che parla di terrorismo o immigrazione. Oppure, volendo ricorrere ad una figura più familiare, pensiamo alle domande che si farebbe il protagonista di un qualsiasi altro poliziesco che intendesse vagliare la veridicità delle versioni forniteci dal mondo dell’informazione ... e ne riparliamo.


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