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“Per chi suona la Campana” (l’appello dal cuore di Guardialfiera)
E’ faticoso poter amare la nostra terra, i valori, i tesori, il proprio
passato in questi anni di irrimediabile e progressivo squallore, assediati, come
siamo, in un mondo caratterizzato da atteggiamenti ottusi e crudeli e da
indifferenza a tutto ciò che non sia chiaramente venale e materiale, e che non
tocchi la propria sfera di gretto egoismo. Così sollecitazioni accorate e
fortemente motivanti, che tendono, con sano rigore, all’apertura generosa a
problemi che riguardano arte e rispetto di valori ancestrali, prese di coscienza
delle incancellabili radici che, anche sopite o tacitate, non fanno presa sulla
massa, che vive solo di ottusa superficialità, senza stabili agganci al
sacrosanto umanitarismo verso la comunità cui volenti o nolenti, si appartiene.
Nel caso specifico, mi riferisco al tristissimo annuncio che la Campana più
antica al mondo ancora efficiente – colata nel Molise nel 1598 della Pontificia
Fonderia Marinelli – è compromessa. Ed è ovvio che sia salvata.
Essa, però, è posta sul campanile di Guardialfiera, sfortunato punto geografico
della Terra. Questa Campana di sei quintali è anche narratrice di epopèa e di
religiosità: è lì a perpetuare l’Indulgenza Plenaria largita da Papa Gregorio
XIII alla Confraternita del Sacramento. E lo racconta col brillare
dell’Ostensorio effigiato sulla balza predominante del Sacro bronzo.
La Campana è issata a Guardialfiera, non sul campanile d’una città ricca e
famosa, richiamo di amanti dell’arte, dal prezioso passato denso di ricordi e,
perché no, richiamo di turismo , molto colto o incolto che sia. Eppure “i
piccoli Comuni non sono la periferia della Repubblica, sono la sua base!” Lo ha
proclamato appena martedì 19 novembre, Sergio Mattarella – Capo dello Stato –
davanti alla 36^ Assemblea dell’ANCI ad Arezzo.
E, come al tempo di Isaia, anch’io “per amore di Sion non tacerò, né mi darò
pace, finché non sorga come stella la giustizia e la salvezza non risplenda come
lampada” (Is. 62,1).
E’ scandaloso, in ogni caso, offendere e sminuire, col silenzio e con un ascolto
glaciale che ha come risposta un deciso “NO”, un bene comune di innegabile
valore anche e forse soprattutto sentimentale, solo perché esso appartiene
all’isolamento d’un paesino di periferia! O perché il nostro popolo – sempre
virtuoso – drammaticamente falcidiato fino a ridursi a poche centinaia di
superstiti, è ora incapace di affrontare un costo di 15 mila €uro: che costo
esorbitante! Questa somma di danaro, corrispondente al costo della più modesta
utilitaria, rappresenta proprio la cifra indispensabile al trasloco della
Campana storica in altra monofora, laddove possa suonare ancora per secoli solo
a scampanio; a ideare una ricchezza di nuovi programmi sonori e alla fusione di
una nuova campana da slanciare a distesa. Da quella ridente Torre Campanaria
troneggia anche il Campanone di 13 quintali, celebre per la “Croce Magica”:
l’unicum e irresistibile bassorilievo e stimolante crittogramma, organizzato da
copiose lettere dell’alfabeto latino, disposte in simmetria sul palo centrale e
nelle braccia laterali della Croce. Si rivelano apparentemente di impraticabile
lettura. Finché, individuata nelle lettera “C” centrale la chiave di
decodificazione, è sorprendente leggere in direzione orizzontale, verticale, o a
destra o a sinistra, addirittura a zig-zag, il termine “Crux” e, man mano,
l’antifona al Salmo 2, nel breviario preconciliare per il tempo di passione. Ma
che bellezza!
Ai molteplici appelli di solidarietà, diramati in questi giorni d’emergenza dai
mass media, oso soggiungere quest’altro, teso ad ottenere un contributo liberale
indispensabile a preservare e rivalutare i nostri gioielli nascosti. Confido
molto nella sensibilità di spiriti liberi, di munifici mecenati, di
imprenditori, di cuori disposti a donare con liberale spontaneità un dono, il
“suo dono”, che potrà essere accreditato, con Bonifico Bancario, alla Parrocchia
di S. Maria Assunta – Guardialfiera
Iban: IT26 CO3O 6941 13310000 0015 146
Sarà un gesto potente che potrebbe smentire l’alone di disinteresse, di apatia,
di voluta nefasta sordità, che avvolge la nostra collettività e che uccide
storia fede, civiltà. Io continuo a sperare perché “Dio può stancarsi dei grandi
luoghi, mai dei piccoli fiori” (Tagore).
Vincenzo Di Sabato
già presidente del Centro Studi Molise
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