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2/5/2018
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Larino
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Giuseppe Mammarella
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Cultura
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937
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Riapre al culto la monumentale chiesa di San Francesco a Larino
Tracce di età angioina sotto la facies settecentesca del sacro edificio.
Grazie all’opera svolta dal Vescovo mons. Gianfranco De Luca, riapre al culto
la chiesa di San Francesco d’Assisi a Larino. Aveva subito altri danni in
seguito al terremoto del 2002. I lavori di ripristino del sacro edificio, uniti
a quelli dell’antico convento francescano dei Frati Minori Conventuali
(quest’ultimo fino alla prima metà degli anni Settanta del Novecento occupato
dall’Arma dei Carabinieri), hanno consentito di riportare alla luce alcuni
elementi che potrebbero aprire spiragli davvero interessanti sulla struttura
absidale originaria del tempio risalente al primo ventennio del XIV secolo.
La scoperta fatta negli anni scorsi consiste, in particolare, in due monofore ed
ai resti di alcuni affreschi posti lungo l’andamento poligonale dell’abside, il
tutto risalente, con ogni probabilità, all’epoca in cui venne realizzata la
chiesa.
Il vivo desiderio della popolazione, indusse il Re di Napoli Roberto d’Angiò a
chiedere l’autorizzazione al Papa Clemente V di realizzare in Larino
l’insediamento francescano; l’apposita Bolla pontificia fu emessa da Avignone il
7 luglio del 1312. Il complesso, che risultò già pienamente funzionante nel
1334, fu edificato proprio mentre erano in corso, a solo pochi metri di
distanza, i lavori di ampliamento della cattedrale, giunti a termine nel 1319.
Una delle due monofore rinvenute al di fuori della chiesa, occupa l’intera parte
centrale dell’abside e presenta l’arco a tutto sesto all’esterno e quello
tribolato nella ghiera interna; l’altra, più piccola, anch’essa realizzata con
conci in pietra, è posta lateralmente.
Anche i resti di quattro pilastri, formati da massi identici a quelli che
mostrano le particolari finestre, ai quali erano certamente addossate delle
colonnine, le cui basi sono emerse in seguito alla rimozione del coro, lasciano
chiaramente intendere l’esistenza, sempre nell’abside, di una terza monofora.
In basso a sinistra, specialmente tra i primi due pilastri, sono affiorati
avanzi di affreschi, anch’essi probabilmente trecenteschi, che offrono la
visione di sei Personaggi: il Cristo in Croce con, alla sua destra la Madonna ed
alla sua sinistra l’Evangelista San Giovanni; poco oltre, però senza volto, i
Santi Apostoli Pietro e Paolo riconoscibili dalle chiavi e dalla spada poste le
prime tra le mani dell’uno e l’arma tra quelle dell’altro; distaccato, a
sinistra della Crocifissione, un Santo Vescovo. Tracce presenti altrove,
lasciano supporre la presenza di altre pitture scomparse, probabilmente, quando
fu realizzato il coro i cui stalli risultavano addossati a quelle appena
descritte.
Questi nuovi elementi vanno ad aggiungersi a quei pochi già noti, come le
“finestre strette e lunghe, chiuse nel muro meridionale” (piazza Roma) che
permettevano di assegnare alla chiesa del XIV secolo uno “stile quasi orientale”
(A.
Magliano, “Brevi cenni storici…”, Larino 1925, rist. Larino 1986, p. 54). Di
epoca medioevale è anche la torre campanaria eretta su un arco a sesto acuto.
Nessun indizio è emerso, almeno finora, della tomba del Duca Francesco Carafa,
Signore di Larino, vittima della nota congiura ai suoi danni compiuta il primo
maggio del 1679. Il corpo del Carafa, come recita l’atto di morte compreso
nell’apposito registro dell’anagrafe parrocchiale di San Pardo, “con gran pompa
di funerali […] fu sepolto nella Chiesa del Convento di San Francesco, il terzo
giorno, all’interno del coro presso la parete dietro l’altare maggiore”.
L’aspetto originario del tempio subì, nel corso del Seicento, notevoli
trasformazioni, tanto da cancellarne o quasi l’organismo trecentesco.
Il larinese Giovanni Battista Berardicelli, che fu Ministro Generale dell’Ordine
dei Conventuali, ricordato nell’epigrafe sormontata dal suo stemma posta a
sinistra dell’ingresso, decise di restaurare il monastero e la chiesa, dotando
quest’ultima di un soffitto in legno intagliato e dorato. Nella relazione di
apprezzo del feudo di Larino redatta nel 1663, Salvatore Pinto la descrive
“grande ad una nave e con honorevole ingresso guarnito di marmi e coverta a
tetti e un soffitto nuovo con intagli, quadri sfondati in testa…” (G. e A.
Magliano, “Larino…”, Campobasso 1895, p. 214).
Dalla Visita Pastorale compiuta nel 1684 dal Vescovo di Larino mons. Quaranta si
rileva che in quell’anno la chiesa era munita, tra le altre cose, di sette
altari, del coro, del pulpito, di acquasantiere marmoree e dell’organo posto,
però, sopra l’ingresso; lo stesso documento indica che il campanile era fornito
di due sacri bronzi (Archivio Storico Diocesano, sez. Larino, fondo curia, b. 5,
f. 54).
Nel 1730, durante il governo di mons. Tria senior, il complesso monastico fu
esentato dalla giurisdizione episcopale a cui era stato sottoposto in virtù
della Bolla di Innocenzo X “Ut in Parvis” del 1654. Solo alcuni anni dopo, a
partire dal 1746, la chiesa mutò completamente aspetto; venne subito sostituito
il soffitto ligneo con la volta in muratura e l’anno seguente la cupola fu
affrescata dal noto artista di Ripabottoni Paolo Gamba con lo stupendo scenario
dell’Assunzione della Vergine sostenuto da quattro pennacchi raffiguranti gli
Evangelisti. Contemporaneamente la volta venne ornata con stucchi e l’organo,
“di notevole interesse storico-artistico, di autore ignoto e databile dalla fine
‘600 alla prima metà del ‘700” (G. Messore, “L’organo della chiesa di S.
Francesco a Larino”, in «Conoscenze» 2 della Soprintendenza Molisana ai Beni
Culturali, p. 35), probabilmente proprio quello di cui è fatto cenno nella
Visita Pastorale di mons. Quaranta del 1684, fu spostato dall’area d’ingresso
alla sommità dell’abside occultando, così, definitivamente le due monofore
rinvenute, come già detto, all’esterno del tempio in ambienti che costituivano,
fino a pochi decenni fa, la sede della Compagnia dei Carabinieri e danneggiando
la terza, forse irrimediabilmente, attraverso la creazione della scalinata di
accesso alla cantoria. Poi, nel 1752, la mostra dell’organo, interamente
restaurato nei primi anni Ottanta del secolo appena concluso, fu decorata da
Modesto Pallante (1721- 1794) di Oratino che, nello stesso anno, eseguì anche,
in collaborazione con l’altro artista oratinese Ciriaco Brunetti (1723-1802), la
decorazione della balaustra di cantoria della chiesa di Santo Stefano della
città frentana e nel 1765, sempre insieme
al Brunetti, pure l’indoratura della cassa dell’organo della parrocchiale di
Santa Maria delle Rose in Bonefro.
Tra le altre opere realizzate in quel periodo figurano: l’affresco di un San
Francesco d’Assisi in estasi nella volta dell’abside; il nuovo altare maggiore
in marmi policromi; i due altari fastosi dell’Immacolata Concezione e di
Sant’Antonio da Padova ornati, nella parte superiore, con stucco dipinto
rivestito da lamine dorate, che ospitano le pregevoli statue lignee
dell’Immacolata, del noto artista napoletano Giacomo Colombo (1679-1718), e di
Sant’Antonio, di autore ignoto, scolpita nel 1794; la cornice di stucchi sulla
bussola d’ingresso (dove era posto l’organo) in cui fu inserito il dipinto
raffigurante “la cacciata dei profanatori dal tempio”, ottima copia,
probabilmente del Gamba, di un noto lavoro di Jouvené; il portale in pietra,
sormontato dallo stemma francescano.
La soppressione degli ordini religiosi decretata da Gioacchino Murat nel 1809
interessò anche il convento dei Minori Conventuali di Larino; il complesso in
questione fu adibito prima a quartiere di Gendarmeria e poi a caserma dei
Carabinieri, il campanile fu acquistato da privati e la chiesa passò al Comune e
destinata a varie funzioni. Il sacro edificio fu restituito al culto nella
seconda metà dell’Ottocento e subì altri restauri resisi necessari per problemi
che interessarono la volta e le pareti laterali. In seguito alle scosse
telluriche registrate nell’agosto 1962 restò chiuso per altri diciotto anni e,
proprio mentre erano in corso lavori di ripristino, restò nuovamente danneggiato
dal sisma che colpì pesantemente questa zona il 31 ottobre e primo novembre
2002.
Il tempio, che vanta la presenza di altre opere d’arte come tele centinate,
statue lignee tra cui un Crocifisso del XVIII secolo ed una pregevole Via Crucis
ad olio su tela, nel 1929 fu dichiarato edificio monumentale.
[Giuseppe Mammarella, responsabile dell’Archivio Storico Diocesano di
Termoli-Larino e della Biblioteca]
Foto www.diocesiditermolilarino.it
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