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STELLA MARIS
Meeting
INCIPIT, RADICI E ARTE DI UN POPOLO
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Il territorio dell’attuale Diocesi di Termoli-Larino è il frutto
dell’unione di tre diocesi: Guardialfiera, Larino e Termoli. Le
comunità di lingua e cultura albanese, slava e croata, ancora presenti nel
territorio, erano dislocate nelle tre antiche diocesi.
“Molte famiglie dell’Albania, e dell’Epiro non soffrendo le barbarie del
Turco, (…) si ritirarono in Regno, moltissime furono accolte in
questa Diocesi, come in Campomarino, Portocannone, Chieuti, Santa
Croce, Ururi, Sant’Elena, Colle di Lauro, in Larino ed in alcuni
suoi Casali formando in essi come tante Colonie, (…) e furono
appellati, come si appellano Albanesi, Epiroti, detti in latino dai
più Eruditi Italo-Greci; nominati Itali dalla Regione nella quale
sono stati ricevuti, che è l’Italia, e Greci dal Rito che in origine
osservavano”
(Vescovo Giovanni Andrea Tria, “Memorie storiche,
civile ed ecclesiastiche della città e diocesi di Larino”, 1744).
La storia degli Albanesi nella nostra Diocesi dovrebbe aiutarci a
comprendere la ricchezza umana dell’accoglienza, espressa anche
dalla bellezza delle culture altrui, integrate nell’identità
cristiana della nostra Chiesa diocesana: uno sguardo del Vangelo più
ampio del nostro orizzonte quotidiano. Storicamente, pensando alla
“porta” del mare, senza il faro del Vangelo nell’accoglienza degli
Albanesi, Slavi e Croati in vari contesti diocesani, forse, sarebbe
rimasta povera anche l’esperienza della condivisione cristiana del
nostra avvenire. Dunque, condividendo il Vangelo nel segno
dell’accoglienza, il Molise adriatico oggi è quel crogiuolo di
culture testimoniate in un’armonia di tesori della bellezza – luoghi,
chiese, arte, opere, tradizioni, riti – che costituiscono l’identità
comunitaria della nostra Diocesi di Termoli-Larino.
La mostra d'arte sacra diocesana, attraverso il richiamo
collettivo della festività patronale, presenta alcuni
aspetti rappresententativi delle quattro comunità di origine
albanese:
Campomarino (l'arte e i
luoghi), Monteciflone (la bellezza della cultura),
Portocannone (la "carrese" della Pentecoste) e Ururi (tra le
sacre reliquie della Chiesa diocesana).
Un viaggio intenso in un allestimento che invita alla
conoscenza della cultura albanese.
Diocesi di
Termoli-Larino
I quattro paesi di origine e lingua albanese
Fantasiosamente rappresentati come le quattro ruote del carro della costellazione dell’Orsa Maggiore a cui sono collegate le tre stelle slave, i comuni di origine albanese sono:
Campomarino (Kemarini), Montecilfone (Munxhufuni), Portocannone (Porkanuni), Ururi (Ruri),
piccoli e floridi paesi che formano, complessivamente, la piccola “Arberia” molisana.
Situati nel territorio del Basso Molise, lungo la fascia Adriatica, confinano a Nord con l’Abruzzo dove nella provincia di Pescara, a Rosciano c’è il piccolo centro di Villa Badessa, ultima oasi di spiritualità bizantina appartenente all’Eparchia di Lungro. A sud, l’Arberia confina con la Puglia, in modo particolare con il comune di Chieuti, antico paese della ex provincia di Capitanata alla cui giurisdizione hanno fatto parte i comuni molisani fino al 1811.
La popolazione complessiva è di circa 16.000 abitanti.
La comunità più popolosa è Campomarino (8.075 abitanti). A seguire: Portocannone 2.476 e Ururi con 2.618 abitanti.
In questi ultimi due paesi la tradizione culturale sopravvive ed il fattore etnico è tutelato attraverso lo svolgimento di spettacolari corse agoniste di carri trainati da buoi, che si ripetono annualmente in coincidenza con le rispettive feste patronali.
Le singolari manifestazioni legate ai culti agresti, benché non abbiamo una vera e propria origine albanese, vengono ritenute proprie di queste popolazioni che le associano al loro arrivo dall’altra sponda adriatica e all’insediamento nei territori.
Montecilfone, rispetto ai primi tre paesi geograficamente molto vicino tra loro, è più prossimo all’area slava, si trova infatti alla sinistra del fiume Biferno, conta 1.362 abitanti. Fino agli anni ’50 era la colonia più popolosa del Molise. Anche qui ha luogo un culto agreste collegato a San Antonio di Padova, connotandosi come una pittoresca parata di carri appositamente agghindati e trainati da buoi.
Gli arbëreshë del Molise provennero dall’Albania in due momenti diversi, al seguito di Giorgio Castriota Skanderbeg, venuto con le sue milizie in soccorso ai re di Napoli Alfonso d’Aragona (1448) e Ferdinando I (1461) in lotta contro gli angioini, e successivamente dopo la morte di costui avvenuta ad Alessio nel 1456, quando l’Albania è stata invasa dai turchi. Giorgio Castriota Skanderbeg a cui sono intitolate le strade principali e le piazze dei paesi, è stato nominato da Papa Callisto III “Defensor Christi”, per aver opposto resistenza all’invasione ottomana in occidente.
Cattolici di rito greco bizantino fino alla soppressione decretata dal Sinodo di Benevento nel 1696, gli abitanti, parlano l’ arbëresh, antico idioma derivante dall’illiro, nella variante tosca diffusa nei territori di provenienza, geograficamente posti nell’Albania Meridionale.
La lingua, tramandata oralmente, è oggi valorizzata dalla legge 482 del 1999 che attuando l’art. 6 della Costituzione, tutela le minoranze linguistiche in Italia.
Fernanda Pugliese |
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