14/10/2013 ● Scuola
Il dimensionamento deve servire a dare una buona scuola agli studenti
In questi giorni prosegue la discussione sulla razionalizzazione della rete
scolastica. Registriamo che il clima non promette niente di buono. Alla
riproposizione degli istituti omnicomprensivi, nonostante la loro residualità ed
ai problemi che comportano, si aggiungono proposte estemporanee che non tengono
conto né del contesto né delle norme di riferimento. Tanto che il presidente del
Consiglio provinciale di Campobasso che si è occupato della materia, ha
rassegnato le dimissioni e l’assessore regionale ha scritto ai sindaci un
appello invitandoli ad un maggior senso di responsabilità. La scadenza del 20
ottobre, data entro la quale le province devono fare le loro proposte, si
avvicina, ma intanto si registrano posizioni dei comuni più grandi che sono
palesemente in contrasto con le indicazioni date dalla giunta regionale.
Occorre ripartire dalla sentenza n. 47/2012 della Corte Costituzionale; essa
dovrebbe rappresentare un punto di riferimento autorevole. La Consulta, nel
ribadire le prerogative delle regioni in materia di organizzazione scolastica,
indica gli ambiti entro i quali tali prerogative possono essere esercitati,
stabilendo che non ci sono obblighi, in materia, dettati dal legislatore
nazionale. Ad esempio: non c’è l’obbligo di fare Istituti Comprensivi ovunque.
Il dimensionamento non può ridursi ad un atto amministrativo con obiettivi
numerici: 54 istituzioni scolastiche al posto delle attuali 82. Deve essere un
processo che tiene conto della necessità di costruire scuole che abbiano un
senso educativo e didattico a seconda delle aree e dei territori (istituti
comprensivi in continuità nelle zone decentrate; specificità delle superiori da
salvaguardare; istituti con pochi plessi da gestire ecc.). Utile sarebbe stato
individuare un parametro medio anche differenziato per ordine di scuola (primo e
secondo ciclo) per istituto, per comunità territoriali e per aree con
specificità linguistiche.
Si dovrebbero evitare la costituzione di istituti con un numero rilevante di
plessi che interessano tanti comuni, impossibili da gestire con gli organici
esistenti. Occorrono scuole dell’infanzia e primaria vicine all’utenza per
evitare i disagi del trasporto; è bene istituire scuole primarie e secondarie di
primo grado nell’ambito della garanzia della continuità territoriale con I.C.
dove è assicurata una effettiva continuità didattica; conviene mantenere le
direzioni didattiche e le scuole medie nei grandi centri, come accade nel resto
d’Italia; è bene garantire la presenza di istituti di secondo grado secondo le
specificità economiche del territorio (alberghieri, artistici, ITS, poli
tecnologici, liceali, professionali). Si deve programmare la rete su base
triennale al fine di istituire un organico triennale con un piano di
investimenti in edilizia scolastica, in servizi e trasporto scolastico. Le
scuole non possono essere considerate soggetti passivi che subiscono scelte
pensate altrove o legate alle aspirazioni ed agli interessi di qualche dirigente
scolastico o di qualche sindaco.
E’ sempre più urgente riprendere l’iniziativa politica affinché queste norme
restrittive vengano cambiate. Cosa sta facendo in questo senso la nutrita
delegazione parlamentare molisana? Non ci si può lamentare di norme restrittive
e non impegnarsi per cambiarle.